passa anche per le batterie
Il futuro dell’accumulo elettrico
con le batterie a fluido
di Bartolomeo Buscema
Il nodo delle fonti rinnovabili è l’accumulo, con costi contenuti,
dell’energia elettrica prodotta. Varie sono le sperimentazioni in atto in
diverse università del
mondo; ma c’è né una, sviluppata presso il MIT (Massachusset Institute of
Tecnology) che sembra avere forti probabilità di successo perché coniuga alte
prestazioni con un costo relativamente basso.
Si tratta di una batteria cosiddetta a “flusso” che
ha una densità di carica 10 volte superiore a quella di una batteria al
litio e un costo 10 volte inferiore.
Le batterie a flusso sono un misto
fra una normale batteria e una cella a combustibile, dove la reazione
elettrochimica che produce elettricità non avviene fra elettrodi solidi, per
esempio piastre di zinco e rame, ma fra due “elettrodi liquidi” di differente
potenziale elettrochimico, fatti fluire sui due lati di una membrana.
Oggi, tali fluidi sono costituiti
da soluzioni di sali di vanadio che
avvicinate fra loro reagiscono cedendo e accettando elettroni, siccome,
però, i due liquidi
sono separati da una membrana impermeabile agli elettroni, questi ultimi
passano attraverso un circuito esterno, producendo
corrente.
La rigenerazione dei fluidi avviene
fornendo elettricità dall’esterno, determinando così un meccanismo di carica e
scarica come quello che avviene nelle comuni batterie. Il problema tecnico di
queste batterie è, purtroppo, la membrana
che è molto costosa e di facile rottura.
Per fortuna un gruppo di ingegneri del MIT, diretti da Cullen Buie, è riuscito a
realizzare un prototipo di cella a flusso che non ha bisogno di membrana e
che utilizza composti del bromo, molto più economico del vanadio.
In estrema sintesi, al catodo della batteria è fatto scorrere bromo liquido,
mentre vicino all’anodo poroso fluisce idrogeno, in mezzo ai due un flusso di
acido idrobromico che si forma
dalla reazione fra i due elementi.
Con un'opportuna progettazione dei canali e dei flussi
i due reagenti liquidi, bromo e acido idrobromico, scorrono uno sopra
l’altro, senza mescolarsi e, visto che l’acido idrobromico non fa passare gli
elettroni, il flusso di elettroni è convogliato all’esterno della cella
creando una corrente elettrica.
Analogamente alle altre tipologie di batterie a fluido, nella fase di scarica si
genera acido idrobromico, mentre in fase di carica si produce bromo e idrogeno.
E una sorta di autorigenerazione che permetterà altre fasi di carica e scarica
come avviene in tutte le batterie.
Come già accennato, la cella
sperimentale del MIT ha una densità di carica 10 volte superiore a quella di una
batteria al litio, ma il suo costo industriale è stimato essere 10 volte
inferiore. Una caratteristica che, sempre secondo Cullen Buie, permetterebbe di
costruire un accumulo da 1 MWh elettrico
con 100.000 dollari. Un livello di costo che è indicato dai tecnici come
la soglia economica per una
diffusione su larga scala
dell’accumulo elettrico che renderebbe le fonti rinnovabili
alternative e non più integrative
delle fonti fossili che tanto hanno fatto e stanno facendo per rendere la
nostra Terra sempre più calda con
le conseguenze climatiche a tutti note.