Dibattito ai Lincei sul giornalismo scientifico

Mestiere o missione?

Il presidente  dei Lincei, Maffei, e quello del CNR, Nicolais,, sottolineano l’importanza del giornalismo scientifico per fare uscire la scienza dal ruolo di cenerentola, dove è stata relegata negli ultimi trent’anni, di farla tornare in auge come cultura tout-court

 

 

di Isabella Vannutelli

 

 Che la ricerca scientifica e tecnologica non fosse da considerare un lusso era una certezza già da oltre trent’anni or sono, quando si prese atto che, al contrario che in altri Paesi, nel nostro sembrava difficile  rendersi conto che senza la scienza e la ricerca non esiste progresso economico né sociale. L’informazione scientifica che, nell’arco degli anni ’80, in concomitanza con un maggiore peso del settore nel PIL, sembrava aver attratto molte delle testate giornalistiche e dei periodici più importanti  con più di qualche pagina settimanale dedicata e qualche ottima firma, ad un certo punto ha perso pian piano di fascino per gli editori coinvolti. Eppure il buon giornalismo scientifico, l’attività di divulgazione efficace continuano ad esserci, giornalisti preparati ed eticamente corretti, che attraverso la verifica adeguata delle fonti e l’opportuna traduzione della terminologia tecnica dello scienziato o del ricercatore, rendono alla portata di tutti anche le tematiche più ostiche riguardanti le varie discipline scientifiche. Spesso si fa fatica ad indurre uno studioso a scendere dalla propria cattedra, dove protegge il “tesoro” della sua ricerca con una terminologia ermetica per i più, ma qualche volta ci si riesce - spiegando le proprie esigenze di giornalista divulgatore,  legate  al diritto del cittadino che paga le tasse e che spesso è analfabeta in fatto di scienza - facendogli prendere coscienza che non sta lavorando per sé ma anche per il  “portiere del suo palazzo” . (nella foto a sinistra, una delle locandine italiane di "Quarto potere")

L’importante è che l’informatore scientifico o il comunicatore non perdano di vista l’etica della scienza e della sua applicazione e non si facciano trascinare verso la spettacolarità di essa che spesso nasconde pericoli seri per i cittadini oltre che per la classe dirigente chiamata a prendere delle decisioni politiche.

Intorno a questo tema si è svolto recentemente a Roma, presso l’Accademia dei Lincei il Convegno “Giornalismo e cultura scientifica in Italia”, organizzato dagli stessi Lincei e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per discutere anche dei casi di informazione scientifica insufficiente e non corretta. I lavori sono stati introdotti dai presidenti dei due Enti, rispettivamente il prof. Lamberto Maffei( foto a destra)  ed il prof. Luigi Nicolais (foto a sinistra), i quali hanno entrambi messo l’accento sull’importanza di far uscire la scienza dal ruolo di cenerentola dove è stata relegata negli ultimi trent’anni e di farla tornare in auge come cultura scientifica, ed altresì del ruolo che può assumere in questo caso il giornalismo scientifico, definito dal prof. Nicolais come “missione”.

Una insufficiente preparazione scientifica della popolazione (dati OCSE) e non solo di questa ma, purtroppo, anche della classe dirigente chiamata a prendere decisioni senza avere cognizioni sufficienti e senza sentire il bisogno di essere confortata da chi conosce  i problemi, “indebolisce – come affermano Gilberto Corbellini, dell’Università “La Sapienza” di Roma ed il giornalista Armando Massarenti de “Il sole 24 Ore” nel loro documento di introduzione al Convegno – l’affidabilità dei gruppi di ricerca italiani circa la loro capacità di realizzare sul territorio progetti di ricerca innovativi e competitivi”.

“Dal caso Di Bella a quello recente di Stamina, dalla messa al bando degli OGM di interesse agroalimentare alle leggi che impongono, contro la Costituzione stessa, pratiche cliniche rischiose per la salute (p.e. legge 40 sulla fecondazione assistita) fino alle modifiche apportate alla legge che recepisce la direttiva europea sulla sperimentazione animale” – elenca il documento – ci dicono come nel nostro Paese si assista “all’incapacità  della comunità scientifica di impostare e orientare l’agenda della comunicazione”, per non parlare poi della difficoltà da parte dei decisori di “recepire i risultati ed applicarli correttamente senza sprecare  risorse economiche già limitate,  invece di esprimere scelte adeguate in materia di finanziamenti ed indirizzo della ricerca e dell’innovazione per affrontare le sfide politiche mondiali” e, soprattutto, per dare alla comunità scientifica italiana ovvero la nostra unica grande materia prima, il ruolo che le compete.

A fronte di   questi problemi funzionali – si sostiene nel documento – occorrerebbe un’azione di “aggiornamento dei contenuti e dei metodi di insegnamento delle scienze di ogni ordine e grado fino all’età adulta in modo che in un numero sufficiente di anni si sia in grado di utilizzare meglio i risultati della scienza nella stesura delle leggi e nel ricreare una cultura scientifica in cui i media e la comunicazione giornalistica possano avere un ruolo determinante“. Occorre prendere atto – sottolinea Massarenti in un suo intervento – “dell’assenza di una strategia culturale complessiva dovuta alla incapacità di investire nella cultura, che ci permetterebbe di non cadere in trappole cognitive e poter smascherare i falsi argomenti”. La scienza è parte basilare della cultura, veicolo di valori etici fondamentali e “deve far sentire la sua voce in modo che i politici non possano prenderla sottogamba e perdersi in false controversie scientifiche”,  comodo terreno  per quei gruppi che “inventano il  grande fatto scientifico a beneficio della società” e così nascano prodotti “miracolosi” come quelli di Di Bella per il cancro e quelli dalla più recente vicenda delle cellule staminali, “intorno ai quali si costruisce un social network – come sottolinea Paolo Bianco, de “La Sapienza” di Roma - diretto ad una fascia psicologicamente e culturalmente debole, che riesce ad arrivare al mondo politico e perseguire un piano commerciale specifico in grado di provocare una catastrofe sociale che avrebbe visto depredato e portato alla bancarotta il SSN, per cure inutili e costosissime per circa 20.000 pazienti”. E’ stata quindi una buona battaglia contro un danno sociale. Scienziati e giornalisti scientifici possono giocare un ruolo pesante affinché tali incresciosi episodi non si ripetano. (nella foto sopra, a sinistra, una scena di Quarto Potere)

A questo proposito – come ha sottolineato Giovanni Caprara, del Corriere della Sera e Presidente dell’Unione dei Giornalisti Italiani Scientifici (UGIS) – le redazioni dei giornali dovrebbero essere organizzate, come ne esistono all’estero, con pool di giornalisti scientifici specializzati nei vari settori della scienza, affinché si possa  redigere la notizia non solo con l’ausilio dello scienziato, come si diceva, ma anche con il supporto del giornalista preparato sul linguaggio tecnico. Ciò eviterebbe di diffondere informazioni devianti. A Caprara ha fatto eco Roberto De Fez, ricercatore studioso di OGM presso l’Istituto di Genetica e Biofisica del CNR di Napoli, il quale ha sottolineato l’opportunità di creare gruppi di studiosi CNR, Accademici e  Universitari cui  ci si potrebbe rivolgere  al fine di intervenire nel momento in cui compaiano notizie che stravolgono una realtà scientifica, o che si impegnino a preparare documenti relativi a precisazioni su notizie clamorose in circolazione, cui i politici potrebbero fare riferimento al momento di prendere decisioni.

Il Galileo