La Notte dello Spirito

Ricordo di Madre Teresa di Calcutta

 

di Luisa Monini

 

 

Madre Teresa di Calcutta con Giovanni Paolo II

Bisogna esserci stati per capire chi, quando parla o scrive di Madre Teresa di Calcutta, rischia forte la commozione; bisogna aver visitato la Mother House nella Lower Circular Road e nell’ atmosfera di Calcutta, sporca, maleodorante, con uno smog che toglie il respiro, con le sue luci, i suoi colori, i suoi corvi sospesi nel cielo in attesa dell’ultima pira, per rimanere segnati per sempre dentro. Tutto rimane impresso e non solo nella memoria ma in ogni altra parte del corpo che ha respirato, mangiato, camminato, sentito e veduto ciò che mai avresti immaginato potesse esistere. E, sopra ogni altra cosa, loro: i fuori casta, i più poveri tra i poveri. Riconoscersi in quegli uomini, in quelle donne, e sentirli sin nel profondo fratelli e sorelle, con le loro ferite visibili e invisibili, è un miracolo d’amore. E Madre Teresa l’ha compiuto, per una scelta di Fede che ha trasmesso attorno a sé come la più contagiosa delle malattie trasmissibili.

La piccola matita di Dio, come lei stessa amava definirsi, ha veramente dato un nuovo volto e un nuovo significato alla sofferenza umana: in India come in qualsiasi altra parte del mondo, dove il dolore è tanto grande da trasfigurarsi, in dissolvenza, nel volto di Gesù sulla croce. In una terra dove il cristianesimo è in netta minoranza rispetto all’induismo, al buddismo, alla religione mussulmana ed alle altre innumerevoli piccole sette religiose che rappresentano il pane quotidiano della popolazione (l’80% degli indiani sono induisti, il 12% circa maomettani, il 2% cristiani, il resto… animisti, giaianisti, sikh), la Madre ha saputo donare dignità ai più poveri tra i poveri, alla loro sofferenza, alla loro morte. E lo ha fatto identificandosi in quei fratelli che serviva, fino a condividerne la povertà interiore. Povera tra i poveri, disperata tra i disperati. Il suo amore per i miserabili della terra era talmente vero che lei stessa provava lo stesso loro buio interiore. "Dentro di me è tutto gelido. E’ soltanto la Fede cieca che mi trasporta, perché in verità tutto è oscurità per me. Finché al Signore piacerà, io realmente non conto".

Si è detto di Madre Teresa come di una Santa atea. Lei stessa, in molte lettere scritte ai suoi direttori spirituali, aveva confessato apertamente il dubbio e l’aridità spirituale che tormentavano la sua esistenza. Mai un momento di consolazione nella preghiera, mai una lacrima a scogliere la durezza di quel silenzio di Dio. Madre Teresa di fatto è passata attraverso quella che i teologi chiamano la "notte dello spirito", un periodo, per lei durato sino alla morte, in cui non si prova nessun diletto, nessun piacere umano, nessuna consolazione. E’ il "deserto dell’anima" frequente anche nella vita di altri grandi Santi (San Francesco, Teresa d’Avila, Giovanni della Croce, Teresa di Lisieux) e se, a partire da un certo momento, non ne parlò più era perché si era ormai adattata a vivere sprofondata nella Notte. "Ho cominciato ad amare la mia oscurità perché credo sia una parte, una piccolissima parte, dell’oscurità e della sofferenza in cui visse Gesù sulla terra". Il 10 dicembre 1979 Madre Teresa venne insignita del Nobel per la Pace. Tante volte la Madre, rispondendo a giovani che manifestavano il desiderio di andarla ad aiutare in India, ha risposto di rimanere nel loro Paese, per esercitarvi la carità nei riguardi dei "poveri" del loro ambiente abituale. "In Francia, come a New York e dovunque, quanti esseri hanno fame di esser amati: è una povertà terribile, questa, senza paragone con la povertà degli Africani e degli Indiani... Non è tanto quanto si dà, ma è l'amore che mettiamo nel dare che conta... Pregate perché ciò cominci nella vostra propria famiglia...Dovete lavorare per guadagnare la vita della vostra famiglia, ma abbiate anche il coraggio di dividere con qualcuno che non ha, forse semplicemente con un sorriso, un bicchier d'acqua, di proporgli di sedersi per parlare qualche istante; scrivete magari soltanto una lettera ad un malato degente in ospedale...".

 

Il suo messaggio è sempre attuale: che ognuno cerchi la sua Calcutta, presente pure sulle strade del ricco Occidente, nel ritmo frenetico delle nostre città. "Puoi trovare Calcutta in tutto il mondo – lei diceva –  se hai occhi per vedere. Dovunque ci sono i non amati, i non voluti, i non curati, i respinti, i dimenticati". I suoi figli spirituali continuano in tutto il mondo a servire “ i più poveri tra i poveri ” in orfanotrofi, lebbrosari, case di accoglienza per anziani, ragazze madri, moribondi. In tutto sono 5000, compresi i due rami maschili, meno noti, distribuiti in circa 600 Case sparse per il mondo; senza contare le molte migliaia di volontari e laici consacrati che portano avanti le sue opere. Madre Teresa è morta a Calcutta, la sera del venerdì 5 settembre 1997, alle 21,30 all’età di 87 anni. A soli due anni dalla sua morte, Papa Giovanni Paolo II fece aprire, per la prima volta nella storia della Chiesa, con una deroga speciale, il processo di beatificazione. Nella settimana che celebrava i suoni 25 anni di pontificato, il 19 ottobre 2003, Papa Giovanni Paolo II ha presieduto la beatificazione di Madre Teresa davanti a una folla di trecentomila fedeli. "Possiamo diventare grandissimi santi se solo lo vogliamo. La santità non è un lusso di pochi, ma un semplice dovere anche per te e per me. Se mai diventerò una santa, sarò certamente una santa del nascondimento: mi assenterò in continuazione dal Paradiso per recarmi sulla terra ad accendere la luce di quelli che si trovano nell'oscurità".

Il Galileo