Intervista a Paola Salvati, dell'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRPI)

 

di Giuseppe Prunai

Vorrei subito chiarire una cosa: le vostre statistiche relative a morti e feriti, si riferiscono alle vittime dell’evento calamitoso o alle vittime per le conseguenze dell’evento. Cioè se un ferito muore alcuni giorni dopo in ospedale, in quale elenco figura?

Il nostro Istituto raccoglie e gestisce le informazioni relative agli eventi di frana e di inondazione che hanno causato danni alla popolazione in Italia, che hanno cioè causato morti e/o dispersi e/o feriti e/o sfollati e/o senzatetto. Il nostro catalogo copre un arco temporale molto ampio, le prima informazione di un movimento franoso per cui è noto il numero esatto di morti risale all’anno 843, per le inondazioni la prima informazione certa di morti risale al 671. Per ciascun movimento franoso o singola inondazione sono raccolte ed organizzate diverse informazioni tra cui indispensabili sono quelle sulla localizzazione dell’evento, sulla tipologia ed evoluzione dell’evento, sulla data e sul numero esatto delle conseguenze alla popolazione. Le fonti di informazione utilizzate sono molteplici, storiche archivistiche, bibliografiche cronachistiche e tratte dal web.

Quando un evento meteoclimatico rilevante causa effetti al suolo in aree molto vaste, con conseguenti gravi danni alla popolazione in diverse località, risalire all’esatta localizzazione del singolo evento ed associarvi il corrisponde danno, quale ad esempio il numero di sfollati, non è una operazione immediata. Il numero e la localizzazione dei morti è quasi immediato, diversamente, quando sono presenti persone disperse e/o gravemente ferite, attendiamo almeno qualche settimana prima di consolidare il dato ed aggiornare la banca dati. Se sono presenti persone gravemente ferite, cerchiamo di monitorare l’evoluzione e, nel caso, appurare l’avvenuto decesso. Quando nell’elenco delle persone coinvolte vi sono anche dispersi, aspettiamo che queste possano essere ritrovate. Se la salma, a distanza di settimane, non viene ritrovata, la persona risulterà definitivamente tra i dispersi.

 Le informazioni raccolte dalle cronache giornalistiche, dai video e dalle testimonianze vengono analizzate e confrontate tra loro, integrate poi con rapporti di evento pubblicati dagli enti territoriali, dalla protezione Civile o da istituti di ricerca.  (Nella foto sopra, la ricercatrice Paola Salvati)

 

I dati del suo rapporto, partono dal 1963 (l’anno del Vajont) per fermarsi all’anno in corso, esclusi gli ultimi eventi. Analizzando il bilancio dei vari anni, si registra un incremento o un decremento del numero di morti e feriti?

Il catalogo copre un arco temporale molto ampio. In esso non vi sono ovviamente registrati tutti gli eventi avvenuti, ma solo quelli per i quali se ne è avuta notizia. Il catalogo presenta quindi diversi gradi di completezza in base al periodo considerato. Per analizzarne la completezza utilizziamo l’intensità degli eventi, misurata dal numero delle vittime (la somma di eventuali morti, feriti e dispersi) per evento. Nella parte più antica del catalogo sono presenti quasi esclusivamente eventi disastrosi per i quali esistono descrizioni e testimonianze anche molto dettagliate, mentre mancano quasi completamente gli eventi di minore intensità quelli cioè che hanno causato un numero limitato di vittime (da 1 a 5). Più si procede verso periodi recenti e più il grado di completezza del catalogo aumenta. Per analizzare i trend sulla frequenza temporale e spaziale degli eventi con vittime usiamo la porzione di catalogo più recente, quella che consideriamo più completa. Analizzando la variazione del numero medio di eventi con vittime per anno e la sua deviazione dalla media calcolata per il periodo di 152 anni dal 1861 al 2012, è possibile evidenziare periodi nei quali il numero medio di eventi per anno è molto ad sopra o al di sotto della media (ampie deviazioni). Il trend temporale per gli eventi di frana e per gli eventi di inondazione è molto simile. In particolare i periodi di massimo risultano compresi: (i) tra il 1920 ed il 1940, (ii) tra il 1950 ed il 1970, e (iii) tra il 1990 ed il 2000.

 

Qual è stato l’anno peggiore e quale l’evento peggiore?

La frana che ha causato il maggior numero di morti in Italia è la frana del Vajont, di cui lo scorso 9 ottobre è ricorso il cinquantesimo anniversario. La frana, il cui volume era di 270 Milioni di metri cubi, precipitò dentro l’invaso sollevando una gigantesca onda che, sorpassato lo sbarramento della diga, si divise in varie direzioni e precipitò a valle distruggendo gran parte dell’abitato di Longarone ed altri villaggi. Il numero ufficiale di morti per quella tragedia è di 1910, il più alto registrato in Italia, seguito dai 1200 causati dalla frana di Piuro, in Lombardia, che il 4 settembre 1618 distrusse l’intero paese. La peggiore inondazione registrata nel nostro catalogo avvenne nel 1705 e coinvolse tutto il bacino del Po, causando un numero elevatissimo di morti, circa 15.000, sia direttamente per le inondazioni, sia per la conseguente carestia e per il freddo. Considerando gli ultimi 152 anni, nel novembre 1966 si registrarono numerose inondazioni in molte regioni dell’Italia centrale e settentrionale, causando complessivamente 107 tra morti e dispersi e più di 300 feriti.

Analizzando la variazione temporale del numero di vittime per evento per le inondazioni avvenute tra il 1861 ed il 2012 è possibile notare un trend decrescente a partire dai primi anni del 1970. Questo trend è confermato dai tassi di mortalità calcolati in tre periodi diversi di circa 50 anni ciascuno (1861-1910, 1911-1960, 1961-2012) che evidenziano come, per molte regioni dell’Italia settentrionale e meridionale, il peggior periodo è stato quello tra il 1911 ed il 1960. Questo trend decrescente può essere legato agli interventi strutturali di mitigazione del rischio idraulico, eseguiti a partire dagli anni settanta, e all’incremento di studi e ricerche finalizzati alla conoscenza e alla modellazione della propagazione dell’onda di piena. Inoltre l’utilizzo di mezzi più sicuri nelle opere di soccorso, l’aumentata possibilità di monitorare l’evento in tempo reale e l’attuazione di piani di evacuazione possono aver inciso in maniera rilevante nella diminuzione del numero di vittime. Questo trend decrescente, evidente per gli eventi di inondazione, non si riscontra per i movimenti franosi.

 

Si è mai tentato di individuare le cause dell’evento calamitoso, a parte le piogge abbondanti?

Conoscendo la localizzazione di molti degli eventi censiti nel nostro catalogo è stato possibile generare delle carte di densità che evidenziano le aree del territorio italiano dove gli eventi con vittime sono più numerosi. Le carte di densità sono state elaborate utilizzando i dati tra il 1900 ed il 2000. Sovrapponendo a queste la localizzazione degli eventi con vittime avvenuti tra il 2001 ed il 2012 si nota che questi ultimi ricadono nelle aree ad elevata densità, a conferma della persistenza spaziale degli eventi con vittime.

I nostri dati ci danno una idea della distribuzione temporale e geografica degli eventi con danni alla popolazione, che sono solo una parte, una minima parte, di tutti gli eventi che annualmente avvengono in Italia. Non possono quindi essere utilizzati per definire trend di carattere generale o per definire aree a rischio rispetto ad altre.

 

Sulla scorta dei dati raccolti dal suo gruppo, quali suggerimenti si potrebbero dare a chi deve gestire il territorio?

Le frane e le inondazione sono fenomeni naturali che contribuiscono ai processi di evoluzione e modificazione del territorio. Date le particolari condizioni geologiche, geomorfologiche e climatiche del territorio, che favoriscono lo sviluppo di tali fenomeni, l’Italia si distingue per una forte propensione a frane ed alluvioni. Inoltre l’occorrenza di eventi meteoclimatici estremi amplifica gli effetti al suolo innescati da precipitazioni molto intense e molto localizzate. L’occorrenza di vittime però dipende da molteplici fattori che non dipendono esclusivamente dalle caratteristiche del territorio, ma anche dalla sua gestione e pianificazione, quest’ultima non sempre eseguita in modo corretto o attento alle problematiche del dissesto idrogeologico, importante, durante i momenti dell’emergenza è la quasi assoluta mancanza di conoscenza da parte della popolazione in merito a queste tipologie di eventi. Molti cittadini italiani ignorano di abitare in aree a rischio idrogeologico, e non viene dato alcun tipo informazione in merito, e non conoscono le norme di comportamento da utilizzare per evitare situazioni che possono mettere a repentaglio la loro vita.

Il Galileo