Salute
contro il carcinoma mammario
di Pia Bassi
(foto dell’autrice)
Si à tenuto a Cremona nella stupenda cornice di Palazzo Trecchi il
V°Simposio internazionale “Prymary Systemic Treatment in the management of
operable breast cancer”, ovvero la terapia preoperatoria del Carcinoma Mammario.
Si sono confrontati ed hanno esposto gli ultimi ritrovati di diagnosi e
cura circa 200 oncologi, biologi e medici provenienti da diversi paesi del
mondo. Il Simposio internazionale è stato organizzato da Azienda Istituti
Ospedalieri di Cremona, Unità di Patologia mammaria Breast Cancer e
dall’Università degli studi di Brescia con la partecipazione di ASCO (American
Society of Clinical Oncology), la più grande società di oncologia del mondo.
Il carcinoma mammario in Italia colpisce ogni anno un milione di donne,
42mila sono i nuovi casi. E’ la prima causa di morte e ogni anno 12mila donne ne
muoiono. Vale a dire 1 donna su 13 muore di tumore alla mammella. La diagnosi
precoce è fondamentale, ecco alcune percentuali suddivise per età: il 41% dei
casi è tra i 0-49 anni, il 35% tra i 50-69 e il 21% oltre i 70 anni. E’ indubbio
che la diagnosi precoce permette di intervenire a tempo e salvare molte vite, la
sopravvivenza infatti è in aumento. Sono importanti gli screening regionali
effettuati almeno sul 96% delle donne dai 50-69 anni. Il 74% di loro riceve la
lettera d’invito. Palpazione al seno e mammografia sono il primo passo per
scoprire piccoli noduli e masse tumorali.
IN LOMBARDIA
Rispetto alle altre regioni la situazione è più grave. Le donne con
diagnosi di tumore al seno sono 7400, i decessi 1500. Ci sono comunque buone
speranze grazie alle nuove terapia sempre più mirate che si basano su indagini
genetiche, genomiche e biologiche, che rendono i farmaci personalizzati più
efficaci. La mappatura genetica del paziente è importante per vince la battaglia
contro il carcinoma mammario. Dice il Prof. Alfredo Berruti: “Prima di qualsiasi
intervento chirurgico si procede con una terapia meno invasiva come la terapia
neo adiuvante (che coinvolge diversi specialisti) seguendo le linee guida della
Bress Unit diretta del Dottoressa Edda Simoncini dell’Azienda Spedali Civili di
Brescia. Le nostre strategie terapeutiche sono in grado di fare sparire
completamente il tumore tanto che con le analisi non si trovano più cellule
tumorali. La terapia primaria agisce bene su quattro tipi di tumore e per questo
è necessario poter usare i nuovi farmaci molto promettenti senza attendere
anni.”
A questo proposito, il Prof. Maurizio
Memo, farmacologo medico prorettore dell’Università degli studi di Brescia, è
certo che la farmacologia sta cambiando in modo radicale soprattutto in campo
oncologico. Ogni tipo di tumore ha bisogno del suo particolare killer. In Europa
entro il 2016 saranno istituite le Bress Unit con linee guida per la lotta al
carcinoma mammario. Sono in corso esperienze di chemioterapia neo adiuvante che
prevedono oltre all’utilizzo dei farmaci convenzionali, anche l’impiego di nuove
molecole nel trattamento delle forme più aggressive di tumore al seno, quali il
tipo HER2 positivo che rappresenta il 20-30% di tutte le diagnosi di carcinoma
mammario. Una forma molto aggressiva, con una progressione più rapida e un’età
d’insorgenza sempre più bassa. Le nuove sostanze, come l’Ertmaxomab e il
Neratinib, bloccano l’HER2 stesso o le molecole che interagiscono con esso. Con
risultati promettenti: blocco irreversibile della proliferazione del tumore.
“Il nuovo test genomico – sottolinea Simone Martini – Direttore generale
dell’Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona, è importante per stabilire il
reale beneficio della chemioterapia e le probabilità dei recidiva della
malattia”.
Vetrino con cellule cancerogene Banca Dati del Fleming Research di Milano
Il dott. Alberto Bottini, Responsabile di patologia Mammaria Breast Cancer
Center dell’Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona – dice che grazie a questi
nuovi test è possibile condurre un’analisi sulla mutazione di geni specifici e
individuare in fase di diagnosi, con il test su piattaforma Sequenom, il
trattamento più indicato per il paziente oltreché valutare in corso di terapia
con il test RDA Index, se il paziente sta traendo un reale beneficio dalle cure
somministrate”. Questa nuova procedura è una vera rivoluzione perché si testa
l’efficacia della cura durante il trattamento o addirittura in fase di diagnosi.
Un tempo questo era possibile solo dopo l’intervento chirurgico. Con esito
negativo o miglioramenti poco significativi, si potrà modificare o interrompere
la cura evitando la tossicità derivante da cure inefficaci per quel paziente. Le
risposte ai farmaci chemioterapici non sono mai uniformi, per questo è
necessario il test genetico e una medicina personalizzata. “La pCR – sottolinea
il Dott. Daniele Generali dell’Ospedale di Cremona – è importante per definire i
farmaci da usare per distruggere il tumore e per trovare le cellule resistenti
alle cure chemioterapiche responsabile dell’insuccesso della guarigione”.
Quali sono le reazioni del cervello di fronte all’impegno di cure lunghe
dall’esito sconosciuto? Uno studio comportamentale è stato esposto dalla
ricercatrice K. Hermelink dell’Università di Monaco che sottolinea che curarsi
il tumore non è proprio come curarsi l’influenza. Una ricerca ventennale rivela
che si verificano piccoli deficit cognitivi causati dalla chemioterapia, che
sono passeggeri. Si hanno problemi di sonno, depressione, ansia, stress,
alterazioni dovute allo stato emotivo. In questi casi è importante appoggiarsi a
uno psicooncologo per un programma di sostegno e riabilitazione psicologica.
Grazie alla terapia preoperatoria l’80% della pazienti beneficia della
riduzione del tumore, vale a dire che l’intervento chirurgico è ridotto al
minimo e si potrà definire effettivamente conservativo con esiti psicologici,
funzionali, estetici che ben supportano la paziente per una normale vita di
relazione.