NASCONDERE LA CO2 SOTTO TERRA

UN PROGETTO EUROPEO

PER SCONGIURARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI

 

 

 

di Isabella Vannutelli

 

Schema dello stoccaggio della CO2

Si tratta di un problema importante per la sopravvivenza dell’uomo.  Per favorirne, attraverso i media,  una maggiore  conoscenza e comprensione da parte del pubblico, al tema sono stati dedicati  nell’ottobre scorso due Seminari, a Milano e a Roma, organizzati dall’Unione dei Giornalisti Scientifici Italiani (UGIS) e da CO2-Geonet Network Europeo e, quello di  Roma, in particolare, ospitato nella sede dell’ENEA.

Nato e finanziato nell’ambito di un Programma quadro europeo, CO2-Geonet Network Europeo d’Eccellenza, nel momento in cui finirono i finanziamenti, fu trasformato in un’associazione no profit, grazie al supporto della Commissione  Europea, nell’ambito del 6° Programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, cui aderirono molti Paesi europei ed altri ancora continuano ad associarsi: sono infatti 34 gli Istituti di ricerca di 28 Paesi comunitari che, si occupano di fornire informazioni imparziali e scientificamente valide sulla sicurezza e  l’efficienza dello stoccaggio geologico della CO2.

Non è assodato che l’anidride carbonica sia la sola responsabile del cambiamento della temperatura ma, considerando che con la rivoluzione industriale, datata poco dopo la metà dell’’800, la temperatura ha cominciato ad aumentare, è chiaro come essa sia una delle espressioni del nostro sviluppo che va tenuta sotto controllo.  Così si è espresso Giovanni Anzidei, Vicepresidente UGIS, aprendo i lavori del Seminario romano per presentare il tema.  Ha anche ricordato come a Kyoto, oltre 20 anni fa, non tutti i Paesi firmarono per la riduzione di emissioni di CO2, a cominciare dagli Stati Uniti per finire soprattutto ai Paesi in via di sviluppo, tra cui India, Cina ed altri, la cui crescita iniziata allora prevedeva l’aumento di consumi, soprattutto di combustibili fossili e quindi l’aumento di nuove emissioni. Ridurre i consumi, quindi, oppure sostituire i combustibili fossili. Poiché  sostituirli risulta ancora impossibile, possiamo solo sperare che con le ricerche in corso e le prove di stoccaggio iniziate da alcuni paesi europei,   si arrivi in un prossimo futuro ad un risultato concreto poiché il clima sta cambiando e sicuramente l’effetto serra ne è responsabile.

Infatti, l’energia elettrica basata sull’uso del carbone e del gas si ripercuote fortemente sul clima e quindi per un futuro più sostenibile occorre ridurre il consumo energetico, aumentando l’uso di energie pulite rinnovabili e catturando e stoccando la CO2, che comunque presenta ancora problemi complessi e di lenta soluzione. Per il momento, peraltro, una delle possibili tecnologie è proprio l’imprigionamento della CO2 nel sottosuolo (CCS, Cattura e Stoccaggio di Anidride Carbonica), ovviamente con costi molto alti. Attualmente - come sottolinea Samuela Vercelli, dell’Università di Roma “la Sapienza”,  membro della CO2-Geonet con competenza tecnica e comunicativa su tematiche multidisciplinari come l’energia - si tratta dell’unico metodo per ridurre i danni dalle emissioni di grossi impianti industriali (acciaierie, cementifici, raffinerie, etc.) da autotrasporto e da uso domestico, ma  potrebbe anche rappresentare una risorsa per un futuro utilizzo, ove mai servisse, della stessa anidride carbonica.

Le fonti di emissione, come abbiamo visto, sono molte – ha rilevato Salvatore Lombardi, Professore associato presso il Dipartimento di Scienze della Terra a “La Sapienza”, dove insegna “Prospezione di gas nel sottosuolo”, e cofondatore di CO2-Geonet - ma le emissioni si possono imprigionare, purificare e convogliare nel sottosuolo. Circa metà dell’eccedenza  di CO2 che viene emessa nell’atmosfera viene riassorbita dalla vegetazione o si discioglie nelle acque degli oceani causandone l’acidificazione con un abbattimento del pH,  alterandone così il ciclo vitale. L’altra metà produce l’effetto serra causando il riscaldamento della superficie terrestre. In verità, con lo stoccaggio geologico - ha ribadito Lombardi – si abbatte solamente il 21% di quanto si dovrebbe e anche se non è l’unica via da percorrere (sperando che la ricerca in tempi brevi raggiunga traguardi alternativi), questa è attualmente l’unica via tecnologicamente matura in quanto già da 50anni sottoposta a studi, esperimenti, verifiche di prova etc. Si tratta – ha spiegato di geologo - di convogliare questo gas verso un sito prescelto quale giacimento esaurito di gas naturale e petrolio, sito  acquifero salino, giacimenti profondi di carbone non sfruttabili o dove vi siano rocce di formazione sabbiosa, quindi porosa, che possano fare da serbatoio, ma  sovrastate da  rocce impermeabili. Il sedimento viene perforato per ricevere la CO2, viene quindi richiusa e suggellata la via di immissione. L’anidride carbonica viene immessa oltre i 1000 m di profondità da dove difficilmente può risalire in superficie o esplodere viste le profondità che può raggiungere, fino a 2000/3000 metri. Si può ritenere questa una tecnologia sicura -  ha affermato ancora Lombardi - in quanto esiste già la stessa esperienza con il metano, che viene convogliato nel sottosuolo per poterlo utilizzare al momento opportuno.

Rilievi relativi alla geologia strutturale, ai modelli di migrazione di gas, e studi geofisici e geochimici sono in corso in vari Paesi europei al fine di selezionare siti idonei per lo stoccaggio in sicurezza: poiché negli anni la CO2 si espande nell’ambito dello spazio roccioso, è importante evitare vie di migrazione del gas costituite prevalentemente da pozzi e faglie, e di conseguenza monitorare possibili via d’uscita.

Nell’ analizzare l’impatto di questa tecnologia rispetto al rischio sismico che caratterizza molte zone del nostro Paese, il prof. Lombardi ha affermato come, posto che qualsiasi fluido presente in un sistema può alimentare  movimenti tellurici,  certamente  non si farebbero stoccaggi nelle zone a rischio sia sismico che vulcanico e che comunque, dagli studi condotti in relazione a questa impresa, si è potuto rilevare che i gas emessi in concomitanza di un sisma vengono da depositi di decine o di poche centinaia di metri, ma non da serbatoi oltre i 1000 metri di profondità.

Nell’ambito del Progetto europeo Geocapacity, dedicato alla mappatura di stoccaggio di CO2 di origine antropica,  si è visto che in Italia esistono vari siti adatti allo stoccaggio  (tra cui, sulla terra ferma attorno alla catena alpina e nell’Adriatico) ove potenzialmente stoccare 12 miliardi di tonnellate di CO2, ma occorre trovare il modo di ridurre i costi, che sono altissimi, soprattutto per la cattura del gas, che ne assorbe il 70%. A tal proposito è intervenuto Giuseppe Girardi, coordinatore per l’ENEA dei Programmi sull’impiego sostenibile dei combustibili fossili e Vicepresidente della Società Sotacarbo, il quale ha riferito come siano in corso studi per arrivare a capire quale tipo delle tecnologie individuate (Post Combustion, , Oxy Combustion e Precombustion), tutte di costi medio alti,  sia la migliore a costi sostenibili. Oggetto del suo intervento è stato, tra l’altro, il progetto CCS Sulcis, da sviluppare appunto in Sardegna, che riguarda prove sull’uso della tecnologia di ossicombustione per lo stoccaggio di CO2 nello stesso bacino carbonifero e che ha tutti i requisiti per essere sostenuto dalla Comunità Europea soprattutto per rendere competitive sul piano economico soluzioni impiantistiche d’avanguardia sulla CCS e limitare drasticamente le emissioni di CO2 prodotte da impianti termoelettrici alimentati a carbone e portare quasi a zero altri tipi di emissioni.

La CCS - ha affermato Sergio Persoglia, dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS) di Trieste - è ormai in fase di completa applicazione in vari paesi d’Europa, soprattutto verso il Mare del Nord, e in altre parti del mondo:  gli Stati Uniti,  pur non avendo firmato questa voce dell’accordo di Kyoto, sono avanti nell’esperienza di stoccaggio di CO2;  la stessa Cina, non firmataria, si sta muovendo in questo senso, perché ogni anno nel suo territorio si aprono molte nuove centrali elettriche e a carbone; persino l’Africa sta cominciando a prepararsi per far pronte al problema che si presenterà in un prossimo futuro. I finanziamenti stanno pian piano arrivando – ha annunciato Persoglia, affermando che la stessa Comunità Europea ha già finanziato vari progetti.

 

Il Galileo