Nell’osservatorio che fu di Galileo si studia la possibilità di lunghi viaggi dell’uomo dello spazio

DA ARCETRI A TITANO

 alla ricerca della vita nell’Universo

 

Il cortile interno dell'Osservatorio di Arcetri 

di Pia Bassi

 

         Il desiderio di trovare l’incognito ha spinto l’uomo a scoprire nuove terre. Così avvenne mille e mille anni fa quando l’uomo lasciò la sua culla: l’Africa. Le testimonianze paleontologiche sono ovunque sulla Terra, dai focolari primordiali alle impronte di Lucy nella Rift Valley e poi dopo una infinita serie di conquiste tecnologiche l’umanità ha lasciato nel 1969 l’impronta sul suo satellite: la Luna. Dall’Europa alle Terre Incognite nel 1500 il passo è stato brevissimo, solo pochi attimi che però anno visto scontri di civiltà dove la supremazia tecnologica, appoggiate da credenze religiose opinabili, ha aiutato ad annientare intere popolazioni dall’Artico all’Antartide e la storia non è ancora finita visto la sopraffazione che noi popoli civili riserviamo alle tribù che vivono in scampoli di foreste equatoriali e sulle Ande. Si massacra l’ambiente per profitto e di conseguenza anche tutti gli esseri viventi che in esso vivono. Dobbiamo quindi riflettere su cosa significa conquistare il Cosmo, che non sia come viene descritto nei film tipo “La conquista dell’West”.

La volta dell'edificio dell'INAF di Arcetri

 

         Il XX secolo, anni Cinquanta e Sessanta, ha visto la conquista dello spazio attorno alla Terra, lanciare satelliti orbitanti è una realtà, siamo andati e tornati dalla Luna. Abbiamo lanciato sonde, veri robot – nostri occhi e nostre mani – che esplorano per noi  e ci raccontano in tempo quasi reale come sono fatti gli altri pianeti: Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, Nettuno, Urano non hanno quasi più segreti per noi e la sonda della Nasa Kepler  lanciata nel lontano 2009 sta scandagliando l’universo. E’ uscita dal sistema solare e continua a inviarci immagini di esopianeti che ruotano attorno ai loro Soli, esattamente come fanno i pianeti del nostro sistema solare. E forse si sfaterà il mito tramandato dal poeta Giacomo Leopardi con “Infinito” dove la nostalgia di fondo deriva dalla nostra solitudine universale. Discovery con la sua telecamera ha visto un pianeta del tutto simile alla Terra. E’ stato chiamato Kepler 22-b.Sono stati visti e catalogati 450 esopianeti, ci sarà pur un duplicato della Terra, che vista da Saturno risulta essere un puntino azzurro, quasi invisibile? Nella regione della Via Lattea nelle costellazioni del Cigno, Lira e Drago il fotometro sta controllando la luminosità di più di 145.000 stelle. E se c’è vita come la possiamo e dobbiamo intendere? Com’è nata la vita nello spazio, come è giunta sulla Terra? Sulla Terra arrivano messaggi, duri come le pietre, sono le meteoriti. Pezzi di altri pianeti, quelle rossicce per lo più sono marziane, o briciole orbitanti nel nostro sistema solare che non si sono agglomerati in pianeti o asteroidi e che vengono attirati dal nostro campo gravitazionale. Che siano le comete le messaggere e portatrici di vita? Sono molte le domande che ci poniamo e che gli scienziati cercano di dare una risposta.

Una delle quattro allegorie sullo scalone dello storico edificio di Arcetri

 

 

         La stazione spaziale ISS ci guarda da anni dall’alto, altre stazioni spaziali private commerciali verranno lanciate per studiare e fare ricerche sulla microgravità, sulle scienze della vita, per preparare squadre di futuri naviganti spaziali che raggiungeranno le stazioni spaziali con taxi privati spaziali come il CST-100 che la Boeing sta preparando e speciali capsule come la Dragon di Space X. La ricerca nello spazio offre traguardi tecnologici impensabili sulla Terra e i lavoratori spaziali, veri equipaggi, raddoppieranno il numero e potranno permanere nell’orbita terrestre per settimane e mesi in missioni di ricerca all’interno e all’esterno delle capsule. La lista di coloro che vorrebbero andare a vivere su Marte si allunga ogni giorno.

         Vivere nello spazio, tuttavia, non è facile. Il corpo umano senza la protezione dello scudo terrestre si danneggia con le radiazioni. Si prevede che l’uomo spaziale si trasformerà fisicamente. A causa dell’assenza della gravità terrestre gli arti inferiori si ridurranno, il corpo perderà massa muscolare, le ossa subiranno una perdita del 40%, il sistema circolatorio si dovrà adeguare, la parte superiore del corpo diventerà più grande. La bellezza classica del corpo umano scolpita nel marmo dagli scultori dell’antica Grecia sarà rivoluzionata. Per  ora ci accontentiamo dei robot lanciati nello spazio, ma gli scienziati stanno studiando il modo di lanciare l’uomo nello spazio e farlo navigare per anni. Uno dei prossimi tentativi è Marte, andata e ritorno in due anni circa.

 L’Osservatorio di Arcetri dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), il luogo più deputato d’Italia a studiare tutto ciò essendo la patria di Galileo Galilei e dove hanno lavorato  Enrico Fermi, Antonio Garbasso, Giuseppe Occhialini e tanti altri eminenti fisici, è stato meta di un viaggio studio di alcuni di giornalisti dell’UGIS che il 4-5 aprile 2013 hanno fatto un incontro di aggiornamento sulle frontiere dell’astrobiologia con il Prof. Enzo Gallori (foto a sinistra)  del Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Firenze. Il Prof. Gallori si occupa di genetica dei batteri e dei virus, più precisamente sull’origine e l’evoluzione della genetica delle molecole. Cercare la vita al di fuori della Terra è lo scopo primario della ricerca, “Ma come, dove e quando è successo non si sa ancora” dice il prof. Gallori. Tuttavia esplorando il nostro pianeta stiamo scoprendo che la vita si è sviluppata in luoghi impensabili come nei pressi dei camini sulfurei chilometri e chilometri sotto la superficie marina dove i ciano batteri si nutrono di metano oppure sotto il gelido lago Vostok perennemente ghiacciato, in Antartide, dove gli scienziati russi hanno mandato delle sonde e sembra che abbiano trovato forme di vita. La Nasa ha dato questa definizione della vita: “La vita è un sistema in grado di autoalimentarsi,  auto replicarsi e capace di intraprendere l’evoluzione Darwiniana”. La presenza di un sistema genetico è quindi assolutamente essenziale. Se la vita sulla Terra è venuta dallo spazio, il materiale organico doveva essere ben protetto per sopravvivere alle alte temperature nell’ingresso dell’atmosfera terrestre e ai raggi U.V. Le meteoriti Murchison e Orgueil, oggetti di studio, sono condriti carbonacee che contengono abbondante materiale organico che garantisce un’evoluzione chimica prebiotica.

Il Prof. Raffaele Saladino, (foto a destra) del Dipartimento di Scienze Biologiche ed Ecologiche dell’Università della Tuscia, Viterbo, ha spiegato “La chimica dell’origine della vita” e l’importanza del ciclo dell’acido citrico. John Robert Brucato dell’INAF, osservatorio astrofisico di Arcetri, ha parlato della formazione dell’Universo e della dispersione della vita sulla Terra formatasi 4,5 miliardi di anni fa.  In corrispondenza del grande bombardamento di asteroidi e comete compare il primo polimero simile al DNA in grado di evolvere, a 4 miliardi entra in atto la chimica prebiotica, a 3.5 miliardi le prime forme di vita a 3 miliardi di anni la diversificazione della vita.

La Prof.ssa Nadia Balucani, ( foto qui sotto a sinistra) chimica all’Università di Perugia, studiosa dell’atmosfera di Titano, la più grande luna/satellite di Saturno, ci ha spiegato il perché degli studi sulle fasce basse dell’atmosfera che potrebbero portare a scoprire la nascita dei mattoni della vita. Una simulazione dell’atmosfera di Titano è stata fatta dai ricercatori del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa e pubblicata sulla rivista Nature Communications. I ricercatori hanno esaminato una forma di ghiaccio chiamata dicianoacetilene, che si trova su Titano, e hanno condotto degli esperimenti in laboratorio esponendo questa molecola alla luce laser ad una lunghezza d’onda particolare, 355 nanometri, quella dei raggi ultravioletti, in modo da simulare la luce che può filtrare nella fitta nebbia di idrocarburi presente su Titano. Come risultato si è formata una sostanza organica complessa chiamata tolina, che esposta ad acqua liquida può generare i mattoni della vita: amminoacidi e le basi nucleotide che formano la molecola Rna, che è il braccio destro del Dna. Questa sostanza, dicono i ricercatori del Jpl, “potrebbero rivestire le formazioni di ghiaccio d’acqua della superficie di Titano e potrebbe filtrare attraverso la crosta, in uno strato di acqua liquida sotto la superficie della luna”. Nadia Balucani spiega che questi studi sono interessanti perché Titano  è un gemellino della Terra ai suoi primordi. Si suppone che sia nato nella fascia più interna del sistema solare dove è nata la terra e sia stato catturato dalla possente gravità di Saturno. L’attuale atmosfera della Terra non è quella primordiale, che è stata spazzata via miliardi di anni fa e sostituita da un’atmosfera secondaria, quella attuale. Poiché non esiste un record geologico di quanto avvenuto sulla Terra prima dell’insorgere della vita, queste indagini sul “gemellino” Titano sono utili per capire gli eventi. Si stima che la quantità di ossigeno presente prima dell’insorgere della vita fosse molto bassa, praticamente nulla: la scarsezza di ossigeno è un prerequisito fondamentale per l’accumulo di molecole organiche prebiotiche (suscettibili all’ossidazione e foto-ossidazione). “In conclusione – dice Balucani -  l’insorgere della vita ha talmente alterato la Terra e la sua atmosfera,da rendere molto difficile ricostruire la prime fasi dell’evoluzione del pianeta e la sequenza dei passaggi che hanno portato alla vita stessa”.

Come andare e cosa fare nello spazio? Allo scopo è stata visitata la Kaiser Italia, Livorno, un’interessante realtà industriale dove il direttore, nonché fondatore l’Ing. Valfredo Zolesi (foto sotto) ci ha spiegato alcuni esperimenti di natura biologica da effettuare nello spazio sfruttando la prerogativa e i vantaggi offerti dalla micro gravità. Per esempio, nel progetto Ribes, si sono svolti due importanti esperimenti di biologia dell’azienda livornese, frutto di una collaborazione bilaterale Italia-Russia. Dal cosmodromo di Baikonur il 19 aprile è partito il vettore Soyuz-2  con a bordo il satellite “Bion M1” destinato a rimanere in orbita 30 giorni prima di rientrare sulla Terra. E’ la 54° missione spaziale di Kaiser Italia e l’Ing. Zolesi ne è fiero e soddisfatto. Infatti, nel corso di 27 anni di attività ha progettato ed allestito esperimenti di biologia con palloni e razzi sonda, una dozzina di missioni scientifiche a bordo di satelliti russi, undici strumenti che hanno voltato sullo Space Shuttle, collaborazione per programmi di ricerca di medicina e fisiologia umana sulla ISS. Apparecchiature Kaiser Italia hanno volato non solo su satelliti italiani ed europei ma anche sulla capsula cinese Shenzeou-8 lanciata nel novembre 2011.

         Sui satelliti “Bion” la Kaiser Italia ha portato a termine due esperimenti “FOAM 2” e “DIASPACE 2”. Nel primo si studia un polimero di memoria di forma che diventa elastico quando viene portato ad alta temperatura, a 120° da materiale plastico inerte diventa malleabile, una molla e per l’appunto queste molle ultraleggere potrebbero sostituire quelle d’acciaio per pesano 7 volte di più. Un vero passo avanti per la tecnologia aerospaziale. Il secondo esperimento è di  dosimetria, ovvero permette di misurare le dosi di radiazioni che vengono assunte nello spazio dagli astronauti, ma è uno strumento utile anche sulla Terra per misurare le radiazioni assorbite dal personale medico e paramedico che opera in medicina nucleare  e quello che lavora nelle centrali nucleari. Il sensore è composto da un sottilissimo strato di diamante.

La sala di controllo Kaiser

Il Prof. Enzo Gallori mercoledì 20 novembre 2013, alle 20,30, sarà al Circolo degli Astrofili di Milano, in Corso Venezia, nel Planetario,  per  tenere una conferenza di astrobiologia e la vita nell’Universo.

 

(foto dell’autore)    

Il Galileo