Il tempo non è più quello di una volta
Un libro scritto dal direttore e da due ricercatori dell’Ino-Cnr chiarisce la
rivoluzione in corso nella misura del tempo grazie agli orologi atomici che
hanno margini di errore di un secondo in un arco di tempo pari all’età
dell’universo. Merito della frequenza della luce laser assorbita dagli atomi,
capace di percepire la differenza tra lo scorrere del tempo sulla testa di un
uomo e ai suoi piedi. La rete di fibre che trasporterà questa ‘luce’ apre
prospettive scientifiche e industriali di frontiera
Il tempo e la luce sono andati di pari passo per molti secoli, ma i più recenti
risultati nei settori della spettroscopia e dell’ottica quantistica ottenuti con
le sorgenti laser stanno operando una vera rivoluzione nella misura del tempo
che ora un libro chiarisce in prospettiva storica, partendo dai fondamenti della
fisica. Il libro è ‘Laser-based measurements for time and frequency domain
applications’, edito da CRC Press-Taylor&Francis Group, di cui sono autori Paolo
De Natale, Pasquale Maddaloni e Marco Bellini, rispettivamente direttore e
ricercatori dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle
ricerche (Ino-Cnr).
“La misura del tempo si basa in realtà sulla frequenza, che è l'inverso del
tempo”, spiega De Natale, “per molti secoli tale misura è avvenuta con strumenti
meccanici, in particolare il pendolo, riconosciuto già da Galileo come un ottimo
orologio, in cui la frequenza è stabilita dalle oscillazioni. Prima ancora la si
misurava dal sorgere e tramontare quotidiano del sole. A partire dagli anni
'60 siamo arrivati agli attuali orologi atomici che, basati su atomi
eccitati da un laser a luce visibile o ultravioletta, possono compiere anche un
milione di miliardi di cicli in un solo secondo. In altre parole, la frequenza
della luce laser assorbita dagli atomi ha sostituito quella di oscillazione di
un pendolo o del sorgere e tramontare del sole”.
Questo enorme aumento delle frequenze ha indotto un analogo progresso nella
precisione della misura del tempo. Utilizzare frequenze più alte corrisponde
infatti a suddividere il lasso di tempo da misurare in un numero maggiore di
cicli di oscillazione dello strumento, riducendo così il margine di incertezza
nel loro conteggio; un po’ come aumenta la precisione nella misura delle
distanze utilizzando un righello con una suddivisione al millimetro invece del
contachilometri. “Questo è un aspetto cruciale. Le tecniche di interrogazione
degli atomi con il laser stanno consentendo misure incredibili, ad esempio la
differenza tra lo scorrere del tempo tra la testa (più veloce) e i piedi di un
uomo, legata agli effetti della relatività generale. I migliori orologi atomici
oggi fluttuano di un secondo in un arco di tempo confrontabile all’età
dell’universo, mentre i primi orologi a pendolo fluttuavano anche di 10 secondi
in un giorno”, prosegue Maddaloni.
Tali possibilità, aperte grazie a decenni di scienza e tecnologia nel campo
dell’ottica, della fisica della materia e dei fenomeni quantistici, aprono una
nuova frontiera nella misura di frequenza, tempo e posizione rappresentata dalla
possibilità di trasportare mediante fibre ottiche la luce laser, resa ‘stabile’
dall’interazione con gli atomi. “Nei prossimi anni si realizzerà una rete
europea di fibre che trasporterà questa ‘luce’ speciale, e l’Italia ha già
collegato Torino, Milano, Bologna e Firenze grazie a una collaborazione guidata
da Inrim - l’Istituto nazionale di ricerca metrologica, già noto come Istituto
elettrotecnico nazionale ‘Galileo Ferraris’, che fornisce l’ora esatta in Tv ed
è custode per l’Italia degli standard di riferimento - con Cnr, Inaf, Infn e
Università di Firenze”, conclude Bellini.
Questa nuova opportunità promette inedite prospettive non soltanto di ricerca
scientifica di frontiera ma anche nello sviluppo di processi industriali
innovativi a tecnologia più avanzata, in settori quali l’aerospazio, le
telecomunicazioni e i futuri calcolatori quantistici.
***
Sofia Mattessich: “Genitori che avventura! Principi pratici per educare i figli”
– Edizioni San
Paolo
– pp. 56 € 7
Freud classificò fra i mestieri
impossibili quello dell’educatore. Cosa direbbe, oggi, si chiede l’autrice, con
la crisi delle istituzioni educative, dei valori
un tempo condivisi, con l’aumento di separazioni e divorzi? Il libro
spiega in poche pagine i dieci principi essenziali che i genitori possono
applicare per favorire una crescita serena ed equilibrata dei loro bambini.
Sofia Mattessich, laureata in psicologia alla Cattolica di Milano, è
specializzata in tematiche relative allo sviluppo di bambini e adolescenti.
Amedeo Cencini: “Se mi ami, non dirmi sempre di sì – Diritti (ignorati) dei
bambini, doveri
(disattesi)
degli adulti” – Edizioni San Paolo, pp. 288, € 15
In un linguaggio chiaro, diretto e ironico, l’A. elenca i diritti, spesso
negati, oggi, ai bambini: Il diritto di non essere programmati, il diritto
all’imperfezione, il diritto all’imperfezione dell’ambiente in cui si vive, il
diritto ad essere trattati da bambini, il diritto a non essere giudicati con
categorie “adulte” il diritto ad essere apprezzati per quello che si è. Tra
tutti questi diritti, fondamentale quello a dire e ricevere dei “no”, condizione
per crescere liberi e responsabili.
Padre Amedeo Cencini, canossiano, ha conseguito la licenza in scienza
dell’educazione all’Università Salesiana e il dottorato in psicologia
all’Università Gregoriana. Si è poi specializzato in psicoterapia all’Istituto
superiore di psicoterapia analitica. E’ docente ai corsi di Formazione
permanente e di Problematiche psicologiche della vita sacerdotale e religiosa
dell’Università salesiana. Noti i suoi testi di psicologia della vita religiosa.
Come si danneggia l’Italia
“LA FARFALLA AVVELENATA”
Il Trentino che non ti aspetti
di Pia Bassi
E’ un libro di 158 pagine di denunce uscito nel novembre 2012
e che ha avuto difficoltà di presentazione e recensione sui grandi
giornali.*
L’argomento è scottante: i due giornalisti trentini, Andrea Tomasi e
Jacopo Valenti descrivono con documenti alla mano il pesante inquinamento
ambientale della Valsugana causato da alcune discariche definite ambientali
perché negli anni 2007-2008 hanno stoccato previe autorizzazioni comunali nella
cava di Monte Zaccon ben 400 mila tonnellate abusive di materiali altamente
inquinanti e nella discarica comunale di Fastro 2 mila in più di scorie non
trattate.
E’ recente la notizia che il Trentino Alto Adige, regione autonoma, ha
ricevuto la bandiera blu per la purezza della sue acque. Forse la Valsugana per
coloro che distribuiscono le bandierine non è in Trentino!
I cittadini del comune di Roncegno Terme, Valsugana, avevano registrato
un andirivieni di camion a ogni ora del giorno e della notte
che andavano a scaricare nella cava di Monte Zaccon, una cava che era
stata destinata a ripristino ambientale, da riempirsi quindi
con materiali inerti. E allora perché puzzano, emanando odori forti
soprattutto di notte, se sono inerti? I cittadini si allertano, fanno esposti e
denunce agli enti predisposti e ai giornali, ma non succede nulla.
I primi ad allarmarsi, scrivono i due colleghi giornalisti trentini, sono
proprio i residenti che hanno le
abitazioni vicine alla cava Zaccon;
sono il geologo Stefano Capisani e Laura Stefancich, insegnante. Oltre al rumore
e puzza, rilevano che i loro cani da qualche tempo non vanno più in calore, sono
pieni di cisti ovariche e le devono sterilizzare. I gatti non figliano più,
abortiscono spontaneamente e quelli nati non si sviluppano. La gente parla di
bambini che si ammalano. A Roncegno
i medici danno vita a un comitato per valutare e rischi ambientali. Le denunce
inoltrate non davano frutti. Come mai? Proprio il Trentino che fa dell’ambiente
il fiore all’occhiello per attirare turisti e la farfalla (lepidottero sensibile
agli inquinanti) ne è il simbolo? Perché non si risolve la penosa situazione per
i cittadini di Roncegno Terme e dintorni? Qualcosa non funziona, pensano gli
sfortunati abitanti che subiscono la sopraffazione dell’inquinamento ambientale.
La presentazione del libro. da sinistra: Alessandra Liverani, PM Maria Pricipe,
vicequestore (Nipaf – Nucleo investigativo Corpo Forestale dello Stato), Andrea
Tomasi, giornalista, Stefano Stefani (agente Nipaf) e Jacopo Valenti,
giornalista.
Siamo nel 2007, ben prima dello scandalo ILVA di Taranto, del quale
parlano tutti i media. Spesso il diavolo fa le pentole senza i coperchi e la
verità viene a galla. Il caso vuole che in Valsugana abiti un ispettore
superiore del Corpo Forestale dello Stato di Vicenza, Veneto. L’ispettore è
Nicola Pierotti che ascolta con attenzione la storia e non perde tempo, si butta
nell’indagine. Fa alcune verifiche sul posto e ci torna con i colleghi del
NIPAF, una squadra specializzata nel contrasto al traffico dei rifiuti e ai
reati di stampo ambientale. I forestali dello Stato – coordinati dal
vicequestore Maria Principe (ironia della sorte, “Principe” è anche il nome di
Lorenzo Dellai, all’epoca dei fatti potentissimo governatore dell’autonoma
provincia di Trento) collaborano
anche con il personale della stazione di Enego, che si trova a pochi chilometri
oltre il confine del Trentino, in Veneto. Partono le verifiche: seguiranno
undici mesi di intenso lavoro per gli investigatori i quali portano in Procura i
primi risultati delle indagini e ottengono il via libera. Il pubblico ministero
Alessandra Liverani affida al Nipaf il compito di effettuare le indagini.
Le aciaierie di Borgo Valsugana
Queste portano a scoprire un mondo di rifiuti eterogenei scaricati, mescolati al
terreno e spianati. Viene sotterrato buono e cattivo. I rifiuti arrivano da
ovunque, tal era la cupidigia di fare denaro in barba alla salute dei cittadini
e all’ambiente. Il Tam-Tam che nel nord-est era disponibile
una facile pattumiera, aveva
evidentemente fatto il giro delle industrie che avevano rifiuti da smaltire e
senza troppi riguardi. Inutile dire che il business dei rifiuti industriali è
enorme e si creano apposite società per lo scopo, spesso l’industria che li
produce non sa che fine fanno perché da l’incarico a queste aziende
“specializzate”. Il Corpo forestale dello Stato scopre un lungo elenco di
industrie che conferiscono i rifiuti alla Ripristini Valsugana. Sono le
Acciaierie Venete di Sarezzo, Acciaierie Venete di Padova, Acciaierie Venete
Arvedi di Cremona, Alfa Acciai di Brescia, Stefana spa di Ospitaletto, Brescia,
Cartiere Romanello, Cartiere di Carbonera, Cartiere del Garda, Fedrigoni
Cartiere (Verona, Arco, Varone) Cartiere Val Posina, Dasty, Metalcam spa di
Breno, Acciaierie Valsugana e il cantiere di bonifica ex Star Oil di Trento.
Ecco i materiali impropri trovati nella cava di Monte Zaccon dagli agenti del
Nipaf: rifiuti derivati dalla fusione di metalli ferrosi, scorie di acciaieria,
rifiuti della produzione e della lavorazione di polpa, carta e cartone, fanghi
di cartiera, rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non
metalliferi, terreni con idrocarburi, ed altri ancora.
La cava Sardagna
E’ un libro da leggere perché mette in evidenza la brutalità messa in
atto verso l’ambiente e i cittadini pur di fare quattrini. Ecco un titolo
mutuato da un’intercettazione: La scoria bianca? “La metto anche nel pane”.
Il libro è stato presentato a Milano presso la Libreria della Natura,
Corso Magenta, 48.
*Andrea Tomasi – Jacopo Valenti: “La farfalla avvelenata – Il Trentino che non
di aspetti” – Introduzione di Claudio Sabelli Fioretti, Città del Sole edizioni,
pp. 165, €15,00