L’anidride carbonica oltre il limite di 400 ppm
Il tetto è stato sfondato due mesi fa – Preoccupazione degli scienziati che da
anni suggeriscono rimedi che nessuno adotta
di Bartolomeo Buscema
La concentrazione di CO2
nella biosfera nel 2010 (immagine tratta da Wikipedia)
La concentrazione di anidride carbonica di 400 p.p.m. (parti per milione) è
riconosciuta dalla maggior parte degli scienziati come la soglia oltre la quale
il clima globale del nostro Pianeta evolverebbe verso un’instabilità
irreversibile con effetti catastrofici su larga scala.
Un limite che è stato superato due mesi fa mese nell'osservatorio di Mauna Loa,
nelle isole Hawaiane, e che, con comprensibile preoccupazione, gli scienziati
del NOAA (National Oceanic and Atmosferic Administration) e dello Scripps
Institution of Oceanography ne hanno diffuso la notizia.
È la concentrazione più alta mai registrata dal 1958, anno in cui la base
hawaiana ha iniziato il monitoraggio del tasso di anidride carbonica in
atmosfera. Allora il livello era di 316 p.p.m ; non molto lontano dalle 280
parti per milione che caratterizzavano il periodo preindustriale.
Da quell’anno, la quantità misurata di anidride carbonica nell’atmosfera
terrestre ha subito un incremento medio di circa 0.7 p.p.m. l'anno fino al 2000.
Dopo, l’incremento medio è aumentato raggiungendo il valore critico di 2.1 p.p.m
.
“Questo aumento non è una sorpresa per gli scienziati – ha detto Pieter Tana del
NOAA – è la prova definitiva che le emissioni globali di anidride carbonica
legate alla combustione di carbone, petrolio e gas sono in forte crescita, e che
stanno ulteriormente accelerando”.
Tale aumento di anidride carbonica è, invece, un serio avvertimento a fare
presto per attuare tutte quelle misure di mitigazione e adattamento climatico
più volte sbandierate, senza alcun effetto concreto, nei summit mondiali sul
clima che si sono succeduti negli ultimi
anni. E’ ora che la comunità internazionale si rimbocchi le maniche per
dare agli abitanti del Pianeta le tante attese misure internazionali sia
tecniche sia finanziare per combattere il cambiamento climatico che già fa
sentire i suoi effetti nefasti.
E’ uno scenario molto critico che fa da sfondo ai recenti negoziati intermedi,
previsti dalla “Ad Hoc Working Group on the Durban Platform”, che hanno
l’obiettivo di delineare un accordo globale vincolante sulle misure di
mitigazione e adattamento al cambiamento climatico da approvare entro il 2015,
per entrare in vigore nel 2020, in sostituzione del Protocollo di Kyoto.
C’è, però, ancora un certo margine di manovra. Secondo Ralph Keeling, geochimico
dello Scripps Institution of
Oceanography, tutto dipenderà dal numero degli anni durante i quali consumeremo
ancora combustibili fossili. Un punto di vista che spinge verso un’economia
verde.
Purtroppo il recente annuncio statunitense di sfruttare gli enormi giacimenti di
“shale gas” del sottosuolo americano, non solo per l’autosufficienza energetica,
ma anche per diventare esportatori di gas, costituirà un ostacolo non
indifferente alla stabilizzazione del tasso di anidride carbonica emessa a
livello globale.