Bicentenario di “Orgoglio e pregiudizio”

Ancora attuali

i problemi delle eroine di Jane Austin

 

di Magali Prunai

 

“E’ verità universalmente ammessa che uno scapolo fornito di un buon patrimonio debba sentire il bisogno di ammogliarsi.

Per poco noti che siano i sentimenti o le mire di un tal uomo, questa verità è così solidamente radicata nella mente delle famiglie circostanti, che subito, al suo primo apparire in una cerchia di vicini, egli vien considerato di diritto proprietà dell’una o dell’altra delle loro figliole”* .

Così 200 anni fa Jane Austen (ritratto soto, a sinistra) dava avvio al suo più celebre capolavoro: “Orgoglio e Pregiudizio”. Un romanzo considerato da molti come un classico della letteratura inglese e da tanti idolatrato quasi alla follia.

In tutto il mondo, in tutte le culture, negli ultimi 200 anni, è stato letto e riletto, amato, apprezzato, adorato. Numerose le rappresentazioni cinematografiche fedeli al romanzo, ispirate dal romanzo (come la versione “bollywoodyana” “Matrimoni e Pregiudizi”, che punta sul gioco di parole in inglese che dall’originale “Pride and Prejudice” diventa “Bride and Prejudice”), per non parlare poi dei sequel, presequel, versioni a fumetti, “Orgoglio e Pregiudizio e zombie” ecc. ecc.

Questa passione sfrenata che attanaglia generazioni e generazioni di lettrici è quasi inspiegabile. Cosa può colpire così tanto e far amare fino alla follia un libro dei primi dell’ottocento? La chiarezza del linguaggio, lo scorrere veloce delle vicende sono solo aspetti marginali che hanno reso “Orgoglio e Pregiudizio” il romanzo da sempre più amato.

Quello che colpisce maggiormente un lettore più attento, e non quello superficiale che difficilmente apprezzerà i romanzi della Austen, è innanzitutto la giovane età dell’autrice all’epoca della stesura del romanzo. Una ragazza giovanissima, che raramente aveva lasciato la casa paterna e che viveva in condizioni di quasi povertà in grado di immaginare tante situazioni, personaggi, ambienti a lei pressoché sconosciuti.

Ma ciò che maggiormente coinvolge le lettrici di tutto il mondo è l’estrema attenzione che i personaggi femminili della Austen hanno rispetto alle questioni di genere. Jane Austen non è una illuminista, ma neanche una romantica. Non parla mai apertamente di sentimenti, come non parla mai direttamente di questioni a lei care. Molti argomenti, come la superficialità dell’epoca riguardo all’educazione femminile, vengono affrontati con estremo candore dai suoi personaggi. Non sentiremo mai dire a Elisabeth Bennet frasi radicali come “potere alle donne”, ma l’autrice mette in bocca al suo personaggio idee velate su come il mondo dovrebbe evolversi.

Anche la questione dell’ingiusta legge inglese, che vietava alle figlie di non ricchi possidenti di ereditare alla loro morte, viene contestata dalla Austen.  I suoi personaggi sembrano rassegnati, ma in realtà con il loro acume e con i loro sforzi di migliorarsi combattono la condizione in cui si trovano. E combattere, per una donna dell’epoca, anche se “emancipata”, corrisponde a migliorare la propria posizione sociale attraverso il matrimonio.

Elisabeth Bennet vuole essere considerata una ragazza intelligente, colta e ben istruita. La sua intelligenza deve precedere la sua bellezza, caratteristiche che nel corso del romanzo vanno di pari passo. Solo una ragazza che non è rassegnata al proprio destino ha il coraggio e la forza di ribellarsi alle imposizioni del tempo rifiutando per ben due volte proposte di matrimonio. Ma alla fine il suo orgoglio che le impedisce di cedere ai suoi sentimenti e i suoi pregiudizi verso chi è tanto diverso da lei cedono, per concludere il romanzo nei più classici dei modi.

Per festeggiare i 200 anni dalla pubblicazione del romanzo in Inghilterra sono stati organizzati numerosi eventi: dall’emissione di francobolli con l’effige di Jane Austen a un ballo, tenutosi lo scorso giugno a Bath, ispirato all’epoca della scrittrice.

 

 * Traduzione di Maria Luisa Agosti Castellani, Rizzoli Editore 1952.

Il Galileo