di Marco Torricelli
La laicità è un potente spauracchio che, da oltre duecento anni, tormenta i
sonni di vari cleri, credenti, e
“atei devoti” - non che si sia capito cosa siano questi ultimi, ma tant’è.
Dietro l’immagine della laicità, o del
laicismo (del resto, tutto ciò che finisce in “-ismo” è male, dicono gli
autorevoli tromboni, quindi niente di meglio che appiccicare una desinenza per
denigrare) questi vedono l’avanzare di turbe di mangiapreti atei agnostici
eretici frammassoni comunisti liberi pensatori comunque senza Dio e senza
morale, volti a distruggere tutto ciò che c’è di buono nel mondo,
dall’obbedienza alla trinità Dio-Patria-Famiglia (nel senso di ubbidire al
Papa-Re-Padre) al ragù alla bolognese, e soprattutto le certezze acquisite da
tradizioni millenarie, quali l’infallibilità della dottrina, l’inferiorità della
donna o la fissità delle stelle.
Ultimamente le italiche certezze patrie soffrivano per le frequenti martellate
di un’esponente di detto laicismo in particolare, tale Hack Margherita da
Firenze. Nata già in un ambiente sospetto - multiculturale! Padre protestante e
madre cattolica, entrambi teosofi! Oibò! - , la Hack ebbe l’ardire di laurearsi
in fisica (ciao ciao, inferiorità della donna) nientepopodimeno che con una tesi
su una famiglia di stelle variabili (fissità
delle stelle, come no). Non contenta di ciò, la ribalda si mise pure a
contestare la superiorità del Signor Direttore l’osservatorio di Merate in cui
lavorava, ottenendo così di diventare a sua volta Direttrice – la prima donna
Direttrice d’osservatorio! O tempora, o mores! – questa volta a Trieste, che
elesse a sua dimora.
Un manifesto elettorale della Hack
A questo punto, voi direte, la sciagurata ne avrà avuto abbastanza. Si sarà
rinchiusa nella sua cupola, attaccata all’obiettivo del telescopio, e avrà
smesso di turbare l’ordine costituito. E invece no, proprio qui sta il carattere
del personaggio. Non stava mica zitta. Anzi, pretendeva di parlare e lo faceva
spesso, a proposito della sua materia e non solo!
Contraddiceva scienziati, politici e preti di ogni ordine, schieramento e grado.
Contestava autorità e testi. Poneva dubbi. Smontava verità cattedratiche e
bufale allo stesso modo. Di fianco a una continua attività da divulgatrice – e
già, perché la Hack, in barba alla seriosità professorale, non si rinchiudeva
nella torre d’avorio e pretendeva di spiegare al volgo le cose difficili che lei
studiava – sosteneva pubblicamente che “la
colpa di Eva è stata
quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi
che regolano l'universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l'insegnamento
calato dall'alto, in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza
contro la passiva accettazione della fede...” (M.Hack,
Le mie favole); o ancora peggio “non
ho
mai creduto troppo a nulla, poi non ho creduto assolutamente più a nulla”,
“le leggi morali non ce le ha date Dio”,
“bisognerebbe imparare a dubitare, a
diventare scettici.” (intervistata da D.Mattalia per
Panorama). Pure atea, insomma, che
scandalo!
Lasciamo poi stare, oltre che le posizioni filosofiche, le dichiarazioni
politiche contro l’ingerenza della Chiesa nelle faccende dello Stato Italiano,
per la libertà della ricerca scientifica e per la necessità di finanziare tale
ricerca pubblicamente e cospicuamente; per un’etica razionale e condivisa, e non
già imposta e poi ipocritamente vissuta. Per di più, apertamente di sinistra
(più volte si candidò come portabandiera, rinunciando poi alla carica, per liste
comuniste, progressiste, financo apertamente atee), ciclista, vegetariana per
motivi etici (non a caso sopra si è citato il ragù), gattofila (come tutte le
streghe!) e bibliomane…
Ma ora basta con le bischerate - come Margherita Hack definì giustamente le
dichiarazioni di un “pezzo grosso” del CNR, il quale sosteneva che le catastrofi
naturali sono il castigo per aver violato i comandamenti di Dio e al contempo la
benevola manifestazione della misericordia dello stesso.
Margherita Hack è stata una delle massime rappresentanti del pensiero laico in
Italia. La sua laicità, però, non era soltanto un valore statico – un valore
che, pur non essendo citato direttamente nella Costituzione della nostra
Repubblica, come invece lo è in quella della Repubblica Francese, è stato
riconosciuto comunque dalla Corte Costituzionale come principio fondamentale.
No, non contenta di ciò, Margherita Hack ha vissuto la laicità come metodo. Un
metodo fatto di rigetto del dogma e di analisi del reale; di coerenza,
franchezza e coraggio. Coraggio non solo delle proprie opinioni, ma della
necessità di doverle argomentare propriamente di fronte agli interlocutori,
rispettandone l’intelletto e marcando bene la differenza tra l’uguale diritto ad
avere opinioni e l’uguale validità delle stesse. Coraggio di ammettere la
finitezza, la limitatezza e la perifericità dell’essere umano, e quindi di sé,
rispetto all’Universo, senza cercare “una
scappatoia per spiegare quello che la scienza non sa ancora spiegare”
(M.Hack, su Panorama, cit.) . E tanta
umiltà per mettersi lì, un mattoncino alla volta, dibattito dopo dibattito,
osservazione su osservazione, a cercare di capire: perché “il
compito della scienza è cercare di capire quali siano le leggi che regolano l'universo, la
nostra vita, i nostri pianeti, senza ricorrere a
Dio. Ricorrendo a Dio non c'è più bisogno di scienza. È come se Dio ci desse da fare le parole
crociate, tanto poi se non si fanno, spiega tutto lui. Il compito della scienza
è proprio quello di fare a meno di Dio. Cercare di capire con la propria ragione.”
(M.Hack, in Conversazione con Luca
Coscioni).
Da questa laicità metodica non può che discendere un profondo rispetto della
libertà personale propria e degli altri, e della responsabilità che da questa
deriva. Infatti, una volta decostruita e rimossa una moralità imposta per
tradizione, l’essere umano si trova solo con il suo raziocinio ad affrontare la
scelta delle proprie azioni, senza più scappatoie, senza più deleghe. Diventa
così responsabilità di tutti, e non solo del politico a cui si è delegato il
proprio potere politico, o del prete a cui si è delegato il proprio senso etico,
impegnarsi nella società e nella politica. Quando Margherita Hack affermava che
“la percentuale del PIL dedicata alla
ricerca è inferiore a quella di tutti i maggiori Paesi … eppure… molte nostre
università producono buona ricerca” (M.Hack, in
Libera Scienza in Libero Stato),
faceva politica ad alto livello, pur senza sedere in Parlamento. Politica nel
suo senso più classico, tratto dal mondo greco, cioè vivere da libera cittadina
e non da suddita o seguace – del resto, per lei la matematica alessandrina
Ipazia, assassinata da fondamentalisti cristiani, “rappresentava
il simbolo dell'amore per la verità, per la ragione, per la scienza che aveva
fatto grande la civiltà ellenica. Con
il suo sacrificio cominciò quel lungo periodo oscuro in cui il fondamentalismo
religioso tentò di soffocare la ragione.” (M.Hack, per
Focus Storia).
Chi oggi, in Italia e all’estero, si scaglia contro i “pericoli del laicismo”
paventando l’insorgere del
“relativismo etico”, la perdita dei “valori tradizionali” e della
“marginalizzazione del ruolo della fede” a favore dell’ “arido scientismo”,
vuole un mondo in cui Margherita Hack verrebbe ignorata nel migliore dei casi, e
attivamente ostracizzata nel peggiore. Chi scrive, invece – e ha avuto la
fortuna di conoscere Margherita Hack di persona, anche se per poche battute –
vorrebbe un mondo pieno di persone così coraggiose, libere, e intellettualmente
oneste. Insomma, laiche.
Grazie, professoressa Hack, per la Sua lezione.