Il gioco d’azzardo crea una vera e propria dipendenza al pari di una droga –
Sono 800mila i “ludopatici” nel nostro Paese e due milioni i giocatori a rischio
– Una legge sul gioco d’azzardo non può più attendere
di Luisa Monini
Una volta c’era Las Vegas a incantare e incatenare alle slot machines dei suoi
faraonici alberghi i cittadini più
disperati del mondo.
Chi voleva tentare la fortuna volava nel bel mezzo del deserto del Mojave e in
pochi giorni se la giocava tutta. Spesso perdendo anche l’anima, meno spesso
diventando Paperon de’ Paperoni.
Oggi esistono tante piccole Las Vegas in ogni angolo del mondo. Eccole lì, loro:
belle, luminose, ammiccanti più che mai; angeli tentatori di un paradiso che
spesso si trasforma in un inferno per i milioni di persone che, senza saperlo,
entrano in un giro assai pericoloso, quello del gioco d’azzardo. E l’Italia non
è seconda a nessun altro Paese in Europa con i suoi circa 800mila dipendenti da
gioco d’azzardo e quasi due milioni di giocatori a rischio e con un fatturato
legale stimato in 76,1 miliardi di euro, ai quali si devono aggiungere, pur se
con una certa prudenza, i dieci miliardi di quello illegale.
Stiamo parlando della terza impresa
italiana, l’unica con un bilancio sempre in attivo anche in piena crisi
economica che ha reso il gioco ancora più compulsivo, con sempre più gente che
cerca di ricavarne denaro, senza rendersi conto che dietro al siparietto delle
sale da gioco non c’è un Ente benefico, ma un’industria con tanto di profitti.
E che profitti! Ricordo al lettore che 76miliardi di euro sono il portato di
quattro Finanziarie normali (non di quelle attuali, sotto dettatura europea)
oppure, se preferite, 76 miliardi di euro è una cifra due volte superiore a
quanto le famiglie spendono per la salute, otto volte maggiore di quanto lo
Stato stanzia per l’istruzione, undici volte la cifra che il nostro Paese spende
per l’Università. Cifre da capogiro che confermano l’escalation del gioco in
Italia che sembrerebbe non avere nulla a che fare con la recessione, con
l’andamento dei mercati e con il vento della crisi che è entrato in ogni casa
soffiando forte sul potere d’ acquisto delle famiglie e spegnendo serenità e
fiducia in un futuro migliore.
La spesa di chi tenta la fortuna è di oltre 18 miliardi di euro all’anno, visto
che 61 dei 79 miliardi vengono restituiti in vincite. Nelle casse dello Stato ne
entrano circa 9, solo un ottavo del giro di affari complessivo, meno quindi del
21% di Iva applicato al consumo.
Come dire che lo Stato farebbe
meglio a puntare su altri settori. Stiamo parlando della stessa Italia e degli
stessi Italiani che all’insegna della crisi Risparmiano, Rinunciano, Rinviano.
Eppure...
Da una ricerca nazionale del Novembre 2011 curata dall’ Associazione “Centro
Papa Giovanni XXIII” e coordinata dal CONAGGA (Coordinamento Nazionale Gruppi
per Giocatori d’ Azzardo), è emerso
che in Italia vi sono 1 milione e 720mila giocatori a rischio e ben 708.225
giocatori adulti patologici, ai quali occorre sommare l’ 11% dei giocatori
patologici minorenni e quelli a rischio. I giocatori patologici dichiarano di
giocare oltre tre volte alla settimana e di spendere ogni mese dai 600 euro in
su, i due terzi di costoro spendono
addirittura 1.200 euro al mese. Insomma
la ricchezza finanziaria delle famiglie è in forte calo ma cresce l’investimento
sui giochi.
Viene spontaneo chiedersi: Cui prodest?
Cerchiamo di analizzare questo aspetto del gioco d’azzardo, su chi specula e su
chi spende perdendo soldi, salute e serenità. L’Organizzazione Mondiale della
Sanità identifica il gioco d’azzardo compulsivo in una forma morbosa che, in
assenza di misure idonee d’informazione e prevenzione, può rappresentare, a
causa della sua diffusione, un’autentica malattia sociale.
“Chi diventa dipendente dal gioco, va curato“– spiega Graziano Bellio,
presidente di Alea (Associazione per lo studio del gioco d’azzardo e dei
comportamenti a rischio) “e ciò comporta una spesa di denaro pubblico”. Ma le
conseguenze della ludopatia non si limitano a questo. Il giocatore assiduo
spesso diventa incostante e improduttivo sul lavoro, così rischia di essere
licenziato. Oltre alla vita professionale, inizia a trascurare quella
famigliare. “Diversi rapporti saltano e, se non saltano, aumentano le violenze
in famiglia, inoltre“, aggiunge Bellio, “sono numerosi gli artigiani che a causa
del gioco si indebitano e non riescono più a versare i tributi e i contributi
dovuti allo Stato”.
C’è poi un costo a livello di legalità, non solo perché fuori dagli esercizi è
facile trovare usurai pronti ad approfittarsi di chi ha bisogno di denaro ma
anche perché spesso sono i giocatori stessi che, una volta indebitati e per
recuperare un po’ di soldi, iniziano a commettere reati, come truffe o
appropriazioni indebite sul luogo di lavoro.
Il caso italiano ha poi una particolarità che è il risultato della dissennata
politica di diffusione capillare e ubiquitaria dei giochi, che invece andrebbero
concentrati in luoghi ben precisi. Sono circa 400mila le slot machine presenti
in Italia, una cifra enorme, una macchinetta diabolica mangia soldi ogni 150
abitanti. Contro la distribuzione a pioggia dell’ offerta c’è chi invoca il
metodo svizzero dove si sono ottenuti buoni risultati aumentando il numero delle
licenze delle sale da gioco e consentendo le puntate solo al loro interno.
“Lì è lo stesso casinò a dover garantire misure di protezione per il giocatore”
– spiega la dott.ssa Capitanucci, psicologa e psicoterapeuta presidente dell’
Associazione And (Azzardo e nuove dipendenze). “Le sale da gioco hanno l’obbligo
di impedire le puntate a chi ha problemi, pena
la perdita della licenza. Per questo il personale viene formato per riconoscere
i comportamenti tipici del giocatore patologico”.
Lo Stato, pur nelle sue palesi contraddizioni, sta iniziando a dare un giro di
vite sul gioco d’azzardo e, grazie al decreto Balduzzi, sono stati posti limiti
alla pubblicità e inserite restrizioni alle slot machine nelle vicinanze delle
scuole, seppure la distanza da rispettare è passata da 500 a 200 metri e vale
solo per le nuove concessioni.
Ovviamente questo è solo un primo, piccolissimo passo verso
una legge quadro sul gioco d’azzardo
che in Italia non può più attendere.