Parkinson: colpa degli idrocarburi?
Ricercatori italiani fanno risalire la responsabilità del morbo
a idrocarburi, solventi e pesticidi
di Pia Bassi
Quel corpo che a una certa età non riesce più a coordinare i suoi
movimenti perché assalito da scariche di movimenti involontari può dare un nome
alla sua malattia: il Parkinson, che non colpisce più in tarda età ma anche da
giovani. Ora un gruppo di ricercatori italiani formato dal dott. Emanuele
Cereda (foto qui sotto), medico nutrizionista, ricercatore presso la
Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e
collaboratore
della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson e dal prof. Gianni Pezzoli,
Direttore del centro Parkinson e Presidente della Associazione Italiana
Parkinsoniani, AIP, hanno scoperto le cause che inducono il morbo, che negli
ultimi decenni è cresciuto in modo esponenziale. Il lavoro è stato pubblicato
sulla prestigiosa rivista americana “Neurology” ed è consistito in una
metanalisi di 104 studi che dimostra che l’esposizione ad IDROCARBURI SOLVENTI o
a PESTICIDI, è associata ad un aumento del 60% del rischio di sviluppare la
malattia di Parkinson.
Gli idrocarburi solventi si trovano in molti prodotti, anche di uso
quotidiano, che vengono a contatto con la popolazione, dalla casalinga al
direttore d’azienda. Essi sono contenuti nel petrolio e suoi derivati: benzina,
vernice, colle e trielina mentre i pesticidi comprendono composti organo
clorurati e organo fosfati. Come si è giunti a queste conclusioni, lo racconta
il Prof. Gianni Pezzoli (foto a destra, in basso): “E’ dagli anni ‘90 che
osserviamo casi di Parkinson e parkinsonismo in pazienti che hanno lavorato a
contatto di idrocarburi solventi senza alcuna protezione. La Fondazione Grigioni
sponsorizzò uno studio per valutare il ruolo di questi fattori tossici
ambientali. I risultati vennero pubblicati
su Neurology nel 2000. Abbiamo potuto documentare che un’esposizione
prolungata agli idrocarburi solventi è correlata ad un’anticipazione
dell’insorgenza della malattia ed ad una maggiore gravità dei sintomi. Molte di
queste sostanze non sono più utilizzate nel mondo occidentale ma lo sono,
purtroppo, nei paesi in via di sviluppo”.
Ecco i RISULTATI del lavoro promosso dalla Fondazione Grigioni per il Morbo di
Parkinson:
“L’Esposizione ad idrocarburi solventi e pesticidi è associato al rischio più
elevato del 60% di sviluppare la malattia, mentre i fungicidi non sono associati
ad un aumento del rischio. Questo vale anche per il famoso DDT. Gli erbicidi
sono associati ad un aumento del rischio del 36% (che aumenta fino al 72% nel
caso dell’erbicida paraquat) e gli insetticidi in generale ad un aumento del
24%. La ricerca si è anche occupata del contesto dell’esposizione ed ha
confermato che i contadini e le persone che vivono in campagna presentano un
rischio lievemente aumentato di sviluppare il Parkinson (rispettivamente del 18%
e del 14%), presumibilmente perché possono essere esposti a pesticidi e
erbicidi.
Immaginatevi i danni sugli altri essere viventi, soprattutto mammiferi, quando
questi prodotti finiscono nei corsi d’acqua dolce e poi nel mare e finiscono
nella catena alimentare umana ed animale. Ma questa è un’altra storia che
richiede un articolo a parte che sarà presto pubblicato su questo giornale.
La Fondazioni Grigioni che ha
(Via Zuretti, 35 – Milano tel. 02-66710423) questo lavoro citato da tutti i
media americani compresa la CNN, è un
ente morale che raccoglie fondi per la ricerca sul Parkinson.
Tutto il progetto idrocarburi-solventi si può consultare sul sito della
Fondazione Grigioni : www.parkinson.it
LINK:
http://www.parkinson.it/articoli-scientifici-pubblicati/61-neurotossicida-ambientale.html
ITALIA, GIAPPONE E COREA DEL SUD
I PAESI PIU’ LONGEVI
Un convegno che si è tenuto a Roma presso l’Accademia dei Lincei
sui Paesi la cui popolazione sta invecchiando in buon stato di salute, ha
fatto emergere problematiche economiche e non solo di sanità.
Italia, Giappone e Corea del Sud sono quindi il laboratorio di osservazione e
analisi di invecchiamento (soprattutto l’Italia) e delle possibili soluzioni,
per esempio una rivoluzione in campo economico (già stiamo sperimentando il
prolungamento della vita lavorativa con l’andata in pensione a 67 anni e oltre).
Dal punto di vista sanitario si dovranno risolvere problemi che toccano
nel mondo già 35 milioni di malati di Alzheimer, Demenza, Parkinson, che costano
50.000 euro l’anno ciascuno, per un totale di 1.750 miliardi di euro, e si
prevede che raddoppieranno nei prossimi venti anni. Il Ministero
dell’Istruzione, Università e Ricerca, che rappresenta l’Italia nel comitato
OECD per le politiche scientifiche e tecnologiche, ha coinvolto la comunità
scientifica e istituzionale nazionale per rispondere alla sfida trasversale
dell’invecchiamento, raccogliendo le analisi e i suggerimento delle varie
componenti sociali, demografiche, economiche, ambientali, tecnologiche,
scientifiche, sanitarie e infrastrutturali. L’Italia è così diventata uno dei
centri mondiali per indagare i molteplici aspetti dell’invecchiamento della
popolazione e per delineare le possibili soluzioni. L’obiettivo finale è
produrre un documento condiviso al momento con Ministeri ed Enti di ricerca, da
presentare alla Comunità Europea negli incontri internazionali, dal G8 al G20.
Hanno aderito all’iniziativa italiana, anche se in modo preliminare,
Giappone, Corea del Sud, Germania, Brasile, Irlanda e Ungheria.