In visita alla mostra sul grande maestro veneto allestita alle scuderie del
Quirinale
Di Irene Prunai
“Risplende più di qualsiasi altro quadro veduto sino ad oggi …” così Goethe
rendeva omaggio al genio di Tiziano alla vista della bellissima “Madonna di san
Niccolò dei Frari”. Nessun pittore infatti seppe meglio incarnare la rivoluzione
del colore nel suo secolo. Autore estremamente prolifico,
apprezzatissimo
dai collezionisti e conteso da pontefici e sovrani. La sua produzione è
attualmente dispersa in decine di musei in tutto il mondo. (nella foto a
sinistra, Paolo III). Per questo la mostra che fino al 16 giugno è esposta alle
scuderie del Quirinale a Roma è un evento straordinario. Si intitola
semplicemente “Tiziano” perché l’artista appartiene a quel gruppo di geni
italiani che hanno il diritto di esser chiamati solo per nome. Giotto, Dante,
Michelangelo, Leonardo, Donatello, Raffaello. Lui è l’ultimo, dopo inizia l’era
dei cognomi. Ricostruire un percorso di sessant’anni attraverso quaranta opere è
lo scopo della mostra che conclude un ciclo iniziato con l’esposizione delle
opere di Antonello da Messina e proseguito con le grandi monografiche dedicate a
Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto e Tintoretto. Un secolo di pittura veneziana
concentrato in pochi anni per portarci a scoprire la rivoluzione del colore e la
nascita della pittura moderna. Una sfida ambiziosa e ben riuscita anche se Jean
Paul Sartre non sarebbe stato d’accordo con i curatori della mostra. Il severo
esistenzialista detestava Tiziano e a tal proposito scriveva: “ Capricciosi
veneziani! Borghesi sconsiderati! Il Tintoretto è il loro pittore: egli mostra
loro quello che vedono, quello che sentono e non possono sopportarlo. Il Tiziano
li prende in giro: loro lo adorano.” Il motivo di tanto odio era dovuto al fatto
che Tiziano fosse legato agli ambienti di potere mentre Tintoretto era
espressione del popolo. In effetti possiamo considerare Tiziano uno dei pochi
pittori italiani titolari di una vera e propria azienda, un uomo che seppe
gestire i propri affari e la popolarità. Nato a Pieve di Cadore nel 1490 da una
famiglia di notai, verso i dieci anni cominciò a mostrare le sue inclinazioni
artistiche. In breve tempo si impadronì delle tecniche pittoriche e si fece
strada nella bottega di Giorgione.(nella foto a destra: La punizione di Marsia).
La morte del maestro in qualche modo gli spianerà la strada del successo e la
committenza alta e varia resterà affascinata dalle sue opere. La sua fama in
poco tempo si estende in tutta Europa e la sua abilità diplomatica e i suoi modi
aristocratici lo porteranno a diventare “primo pittore” di Carlo V. E se per
Sartre questo aspetto dell’artista è motivo di biasimo, noi comuni mortali non
possiamo dimenticare che questi “agganci” con l’alta società ci hanno lasciato
opere quali “Carlo V
con
il cane”, l’Autoritratto e il “Ritratto di Paolo III senza camauro”. Proprio
quest’ultimo dipinto esprime appieno le incredibili capacità di Tiziano. Egli
ritrae il pontefice in occasione dell’incontro con Carlo V nel 1543 e quel che
colpisce di più l’occhio è l’abilità nell’uso di solo tre colori e il realismo
del soggetto.( a sinistra, la Madonna col Bambino): Ma di fronte a queste opere
non sfigurano di certo quelle a carattere religioso che nella mostra vedono una
sezione a loro dedicata. Il “Martirio di San Lorenzo” e alcune pale d’altare
saltano all’occhio per il metodo del tutto innovativo di stendere il colore. Le
figure in questi dipinti sono contornate da un segno scuro, una sorta di trucco
per far risaltare ancora di più i colori resi ancora più forti dal contrasto con
le luci soffuse che accompagnano il visitatore per tutto il percorso.
Nell’ultima parte sono esposti i dipinti a carattere mitologico, creazioni della
vecchiaia, e proprio come ultimo quadro vediamo il più crudo e forte di tutta la
produzione tizianesca, “La punizione di Marsia.” La scena racconta il momento in
cui Marsia viene scorticato vivo come punizione per aver osato sfidare Apollo.
Le pennellate sono forti e ruvide, i colori cupi e sporchi. Insomma un finale
con il “botto” che si dissolve con la fine del Cinquecento e la nascita di una
pittura nuova.
Una rassegna d'arte può essere anche occasione di incontri internazionali: il Presidente Napilitano saluta il presidente del Parlamento Europeo, Martin Schultz, intervenuto all'inaugurazione della mostra ( le foto sono dell'autrice e dell'ufficio stampa del Quirinale)