98 anni dopo quel 24 maggio 1915

Sui sentieri della memoria

 

 La Guerra Bianca al Passo dello Stelvio

 

 

di Giuditta Bricchi

 

 

Negli ultimi anni  il rialzo delle temperature,  accelerando  lo scioglimento dei ghiacciai del Passo dello Stelvio, ha favorito il ritorno alla luce di testimonianze del passato. A distanza di quasi un secolo, i ghiacci continuano a restituire residuati bellici ed oggetti risalenti alla Grande Guerra.  (Nella foto sinistra: un fortino) Fino al 1918, in Lombardia, nella zona compresa tra il Passo dello Stelvio e il Lago di Garda passava un lungo tratto del confine con l’Impero austro-ungarico. Con la dichiarazione di guerra del Regno d’Italia all’Austria-Ungheria (24 maggio 1915) il confine diventò  fronte bellico.  Sulle cime  che circondano il Passo dello Stelvio si combattè duramente per più di tre anni. Per tutto questo tempo  le vallate circostanti furono scosse dai boati dei cannoni che echeggiavano nell’aria. La guerra combattuta in alta quota, in condizioni estreme,  venne  chiamata  Guerra Bianca,  per ricordare la presenza perenne della neve. Per le eccezionali difficoltà ambientali legate  all'altitudine, il conflitto principale fu la lotta contro il clima che  causò, da ambo le parti,  più perdite umane della guerra vera e propria. I morti per le intemperie, il gelo e le slavine, furono quasi certamente in numero maggiore rispetto a quelli caduti per mano nemica.

 

Il Parco Nazionale dello Stelvio

 

 

Il Parco Nazionale dello Stelvio nasce nel 1935 e copre attualmente una superficie di quasi 135.000 ettari, che ne fanno l'area protetta più estesa d'Italia. Il suo territorio, nel cuore delle Alpi Centrali, si estende a cavallo tra le provincie di Sondrio, Brescia, Trento e Bolzano. Gli oltre cento ghiacciai presenti offrono panorami indimenticabili, così come la varietà degli ambienti naturali, molto diversi tra loro grazie alle differenti fasce di altitudine che vanno da un minimo di 600 metri fino ai quasi 4000 metri del Monte Ortles. Sono oltre duemila le specie di fiori e piante presenti in quest'oasi naturale. La fauna è caratterizzata  da una massiccia  presenza di cervi, caprioli, marmotte, camosci e stambecchi. Sulle creste vigilano l'aquila reale, che è divenuta il simbolo stesso del parco, e il gipeto, rapace recentemente reintrodotto nelle Alpi. Le possibilità di escursione, da soli o accompagnati dalle guide, sono innumerevoli. Il Parco dello Stelvio si può visitare in tutte le stagioni dell'anno,  grazie alla presenza di numerosi e attrezzati ristori, rifugi alpini e bivacchi. Si può andare in montagna in molti modi a seconda dei gusti e delle motivazioni: per attività sportiva, per immergersi nella natura, per fotografare paesaggi, fiori, animali  o  per rievocare la storia. (Nella foto sopra: l'interno di un forte)

 

La “Magnifica Terra”

Nel  passato l’area lombarda del  Parco dello Stelvio faceva  parte della “ Magnifica Terra".  Così era chiamato, negli antichi statuti medievali, il territorio del contado di Bormio.  L’origine di tale nome deriva dall’enorme ricchezza di questo territorio, sia da un punto di vista naturalistico che economico. Tale riccchezza era dovuta anche ai numerosi privilegi che il contado godeva sull’esazione delle merci in transito. Allora vigeva infatti un diritto di dazio su tutte le merci che, per raggiungere il nord Europa, transitavano per questa zona utilizzando i valichi alpini.  La Contea di Bormio era una sorta di piccolo stato democratico governato da propri statuti e con un potere di “mero e misto impero”: un vero e proprio contado indipendente con un autonomo governo e un esercito proprio. Valfurva, Valdisotto, Livigno e Valdidentro costituivano il territorio del Contado ed erano conosciute come le “ Honorate Valli”. La dizione “La Magnifica Terra et le Honorate Valli” si riscontra nella documentazione e negli scritti inerenti Bormio fino al 1797, anno in cui il Contado passò dal dominio grigione alla Repubblica Cisalpina che sancì la fine della sua indipendenza. Le Importanti ed antiche vie di comunicazione che  attraversavano la Valtellina erano percorse fin dal medioevo  da eserciti, viaggiatori e commercianti. La Via Imperiale  collegava Venezia con il Tirolo e l’Alemagna passando per il Passo Gavia, la valle di Fraele e la strada dello Stelvio. (Nella foto sopra: i resti di un  villaggio militare)

 

Teatro di guerra

Le montagne che svettano intorno al Passo dello Stelvio ebbero un ruolo da protagoniste nella prima guerra mondiale. Il gruppo dell’Ortles – Cevedale rappresentò il fronte occidentale dei combattimenti. Furono poche le azioni offensive, tentate più che altro solo per migliorare le posizioni di osservazione: le difficoltà del territorio e del clima non permettevano che restare sulla difensiva. Vennero realizzate in quest’area, in condizioni climatiche estreme e tra mille difficoltà, numerose fortificazioni e trincee servendosi delle strade militari e dei sentieri appositamente realizzati dagli alpini. (Nella foto a sinistra: una trincea). Anche in Lombardia, come in altre zone d'Italia, vennero costruite delle fortificazioni militari in opposizione a quelle absburgiche sorte in Val Venosta,  nella Val di Sole e nella Valle del Chiese.  I resti di queste costruzioni sono ancor oggi ben visibili e testimoniano la durezza a cui furono sottoposte le truppe, costrette a restare nelle loro postazioni in pieno inverno a quote superiori ai tremila metri. Durante la guerra le vette passarono più volte di mano grazie ad imprese ardite delle truppe impegnate. Numerosi furono gli atti eroici che si  possono raccontare per entrambi  gli opposti schieramenti. Alcuni furono anche avvolti da un alone di leggenda.

 

Gli itinerari della Grande Guerra

Oggi tutti possono scoprire, in un ambiente di rara bellezza,  le tracce di queste vicende eroiche grazie agli itinerari della Grande Guerra tracciati all'interno del  Parco  Nazionale  dello Stelvio. I segni della Prima Guerra Mondiale, presenti come ferite sulle nostre montagne, sono la memoria di fatti e persone che resero libera la nostra terra.  Percorrere  questi sentieri punteggiati da costruzioni di difesa militare, forti,  trincee e strade significa ripercorrere luoghi che sono la testimonianza del lavoro, della fatica e dei sacrifici che questi manufatti portano con sé, come monito  per comprendere gli effetti umani  devastanti che ogni guerra lascia. (Nella foto a sinistra: le feritoie di una trincea). Un alone epico e drammatico caratterizza questi luoghi in uno scenario di maestosa bellezza. Chi ama fare escursionismo può scoprire che cosa veramente significhi la parola "trincea", cosa abbia voluto dire per i nostri avi aver vissuto o dato la vita in condizioni ambientali tremende, vivendo come topi nelle trincee. Grazie all'opera di appassionati e volontari  sono stati anche realizzati  piccoli e interessanti musei sulla Guerra Bianca che punteggiano gli itinerari storici del Parco.

 

Un monito contro la guerra: il Sentiero della Pace

L' idea del ripristino dei sentieri in rovina della Grande Guerra al fine di trasformarli in una via della Pace venne a Walther Schaumann (1923-2004), militare e storico austriaco. Da questa sua idea, nel 1973, nacque l'associazione "Amici delle Dolomiti" con l'obiettivo di trasformare le testimonianze della guerra in un monito contro la guerra. Nel 1987 la Provincia di Trento, ricalcandone le finalità, predispose la realizzazione del Sentiero della Pace lungo tutto il fronte trentino dal Passo del Tonale alla Marmolada. Giorgio Corbellini, esecutore nel 1986-87 del censimento delle opere militari della Grande Guerra per conto della Regione Lombardia, ebbe l'idea di prolungare il tracciato trentino fino al passo del Gavia e al Passo dello Stelvio. Il progetto divenne realtà nel 1988 quando una staffetta degli alpini di Bolzano e dei soci delle locali sezioni dell’Associazione Nazionale Alpini (ANA) e del Club Alpino Italiano ( CAI ) percorsero il tracciato  da Livigno al Passo del Tonale. (nella foto a sinistra: le salmerie degli alpini).  Il ripercorre oggi i sentieri tracciati dai combattenti della Grande Guerra, con gli occhi e la mente aperti, induce a raccogliere un messaggio di pace e a ricordare che la pace tra i popoli, insieme all'educazione alla tolleranza e alla convivenza, sono ideali irrinunciabili per un futuro migliore di tutti.

 

 

Il Sentiero della Pace in Valtellina

Il tracciato valtellinese del Sentiero della Pace venne inaugurato nell’estate del 1998.  Oltre ad essere un percorso  escursionistico, è un filo ideale che percorre i luoghi maggiormente significativi dal punto di vista storico, militare ed ambientale. (A destra: l'artiglieria allo Stelvio) Il sentiero si snoda in nove tappe e dodici varianti da Livigno al Passo del Tonale, passando attraverso le montagne dello Stelvio, la Valfurva e il Passo del Gavia, ripercorrendo idealmente il Fronte della Prima Guerra Mondiale in Lombardia, mostrando ampi tratti fortificati da trincee, fortificazioni e opere militari ancora ben visibili, offrendo singolari incontri con residuati di cannoni, di casematte e di costruzioni belliche di varia origine.  Lungo il percorso, che può essere effettuato in varie riprese, vengono anche proposte quattro visite culturali ad altrettanti musei: il Museo Storico Carlo Donegani al Passo dello Stelvio, il Forte Venini di Oga, il Museo Vallivo di Valfurva e il Museo della Guerra Bianca in Adamello a Temù.

 

Le opere militari

Lanciafiamme in azione

 Le opere che si incontrano da Livigno fino allo Stelvio si configurano come opere sussidiarie e di fiancheggiamento a quello che fu il fronte vero e proprio, il quale ricalcando il confine preesistente, si originava dalla Cima Garibaldi (in tedesco Dreisprachenspitze= Cima delle tre lingue) presso il valico alpino dello Stelvio, dove il confine del Tirolo toccava quelli dell’Italia e della Confederazione Elvetica. La difesa della zona si incentrava sul Monte delle Scale ( 2521 m) e sul Paluaccio di Oga ( 1715 m), posizioni dominanti la contea di Bormio e i relativi accessi dal nord, dall’est e dall’ovest. Nel corso della Grande Guerra furono fortemente incrementate le difese alla testata della Val Forcola, intorno al Piz Umbrail e al  Giogo di Santa Maria fino allo Stelvio. A testimonianza di quel tempo e di quelle fatiche si trovano la distrutta caserma della Bocchetta di Forcola, strade e mulattiere e trinceramenti allineati lungo l’attuale confine svizzero, piazzole di artiglieria, caverne per il ricovero delle truppe e dei materiali.

 

 

 

Il Museo Carlo Donegani al Passo dello Stelvio

I biplani della seconda guerra mondiale

Nel Museo  storico "Carlo Donegani",  al Passo dello Stelvio, una sezione è dedicata alla Grande Guerra. Accanto ai pannelli fotografici, con testi e didascalie, vi è un’ampia  vetrina di reperti storici. In prossimità dell'ingresso al Museo è stata costruita la riproduzione di una trincea in sasso corredata da adeguati accessori (filo spinato, scudo da mitragliatrice, sacchi di sabbia e così via) Il museo è dedicato all’ingegnere bresciano progettista dell’allora “imperiale” carrozzabile, dal tracciato imponente e perfetto, ancora oggi considerata un capolavoro d’ingegneria civile. Sulla costruzione della strada, realizzata in tempi brevissimi (1820-1825), è allestita un’ampia documentazione tecnica e storica.  Un altro settore del museo ricorda gli eventi sportivi e le pagine più belle del ciclismo italiano che hanno avuto come scenario il valico.

 

Vittorio Emanuele III in visita ad un reparto in zona di guerra

Il Galileo