Arturo Graf
poeta, scrittore e ricercatore
di Lionello Bianchi
Dal padre tedesco ereditò il gusto romantico per il mistero, il mito, la
leggenda e insieme un’inclinazione per la ricerca erudita, dalla madre italiana
l’amore per la poesia e il senso della ragione, Arturo Graf (nato ad Atene il 19
gennaio 1848) si rivelò artista, votato alla ricerca dei misteri, dei miti,
delle leggende soprattutto medioevali. Nel suo saggio sul Paradiso terrestre
ricostruì una leggenda, quella di Artù nel brumoso Avallon e nell’Etna, una
leggenda paragonabile a quella che Giosuè Carducci seppe mettere in versi
eruditi con Teodorico nella reggia di Vulcano in Lipari.
Attento alle leggende dei popoli germanici, riprese e divulgate dal romanticismo
tedesco che comprendevano re e imperatori medioevali; sulla figura
dell’imperatore dormiente dedicò una poesia a Carlo M trasformando i sogni del
sovrano in incubi (“Signore Iddio, mi scampa dalla vita”). Così, mentre i
romantici italiani in quel periodo insistevano su Barbarossa e sulla battaglia
di Legnano, il filologo italo-tedesco preferì meditare sugli “arcana imperii”
mentre in Europa i nuovi imperialismi stavano preparando con drammatica
convergenza la prima tragedia del 1900, quella Grande Guerra alla quale Graf,
deceduti a Torino il 30 maggio 1913, non assisté.
indexaprile.htmlBenedetto
Croce nelle sue “damnationes memoriae” fu molto severo nei riguardi di Graf,
definito “un uomo incapace di una vera e propria operosità scientifica”. Un
giudizio così severo, al quale si associarono altri, solo Cesare Pavese ne parlò
con ammirazione. In Francia non sono mancati gli elogi per Graf, il grande
storico del Medioevo, Jacques le Golf, disse di lui : “le grand Arturo Graf”.
Un riconoscimento importante, una rivalutazione di tutta l’opera di Graf.
Intensa la sua attività; il suo esordio con lo pseudonimo Filarete Franchi
avviene a 14 anni con un volumetto intitolato Poesie. Non ancora ventenne, fu
Napoli con la madre. Morto il padre a
Trieste, si trasferirono prima in
Romania, dove si dedicò allo studio di francese, inglese, spagnolo e tedesco.
erano stati in Romania. Nel frattempo pubblicò un trattato Morale indipendente,
una tragedia Il Bramante Tiepolo, una commedia in un atto Il giornalista e
cinque poesie. E a Napoli non poteva non stringere amicizia con De Sanctis e
Labriola.
Dopo un ritorno in Romania, presso uno zio, in seguito al suicidio del fratello,
travolto da un dissesto finanziario, si recò a Vienna per curarsi una malattia
degli occhi. Nel 1874 eccolo di nuovo a Napoli, pubblica una raccolta di poesie
Versi, un trattato Delle qualità e delle parti della tragedia, anche una
commedia. L’alloggiamento militare e la tragedia La congiura di Catilina.
Riallaccia i rapporti con De Sanctis e Labriola, entra in rapporto con Ruggero
Bonghi, Aleardo Aleardi, Silvio e Bernardo Spaventa, Terenzio Mamiani e Angelo
Messadaglia.
Collabora con la Nuova Antologia su cui pubblica un trattatello Della poesia
popolare rumena. Con una dissertazione su Leopardi ottiene la libera docenza in
letteratura italiana. Da Napoli passa a Torino, qui insegna storia comparata di
letterature neolatine, il 13 dicembre 1876 tiene la prolusione Storia letteraria
e comparazione. Sempre nel 1876 escono Poesie e novelle, Delle origini del
dramma moderno, Dell’epica neolatina primitiva e due saggi Amleto: indole del
personaggio e del dramma, e Dell’epica francese nel medioevo.
Seguono altri trattati di storia letteraria, nel 1878 pubblica la Leggenda del
Paradiso terrestre. Continua la sua attività letteraria, nel 1892 il primo
volume di Miti, leggende e superstizioni.
Tra le sue opere nell’ultima parte della vita vanno ricordate l’antologia di
poesie Le Danaidi, il volume Foscolo, Manzoni, Leopardi: c’è il romanzo Il
riscatto.
Nel 1908 diventa rettore dell’Università di Torino. Nel 1911 esce l’anglomania e
l’influsso inglese in Italia nel secolo XVIII, pubblica ancora La morte di Caino
ed Euridice, infine La morte di Faust e L’assunzione di Mefistofele. La morte lo
coglie il 30 maggio 1913.