Diventano neri i ghiacciai himalayani

Colpa dell’inquinamento da black carbon

Un progetto per sostituire con il fotovoltaico gli impianti di riscaldamento a combustibile fossile

 

 

 

di  Isabella Vannutelli

 

 

 

 

 

Atmosfera e clima, glaciologia, risorse idriche, biodiversità vegetale, medicina ambientale e salute  sono cinque delle tematiche  intorno alle quali si è articolato il progetto SHARE (Stations at High Altitude for Research on Environment), uno dei tanti sui quali si muove la ricerca scientifica in un luogo estremo della Terra, le cui fila vengono tirate alla Piramide Laboratorio del Comitato Ev-k2-CNR, che dal 1993 non ha mai lasciato da soli i ghiacciai più alti  del mondo. 25 anni di ambiente estremo con 800 pubblicazioni scientifiche, più di 200 ricercatori da tutto il mondo e oltre 550 missioni scientifiche hanno arricchito  la scienza mondiale con un patrimonio di conoscenza del tutto nuovo, e stanno regalando alle popolazioni locali coinvolte una consapevolezza di sé e della propria esistenza, della propria cultura e delle proprie tradizioni come mai prima d'ora, tanto da suscitare nei bimbi indigeni la necessità di rappresentarsi e di disegnare i loro luoghi di origine e di residenza,bellissimi disegni che per una settimana sono stati in mostra a Roma.

“Perché il futuro dell'ambiente e delle montagne che studiamo – ha detto il prof. Paolo Bonasoni, dell'Istituto di Studi sull'Atmosfera e sul Clima (ISAC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nonché responsabile di SHARE - passa dai ragazzi e dai giovani, tanto è vero che giovani studenti, grazie agli studi svolti nell'ambito del progetto hanno presentato  su questi temi tesi di laurea e di dottorato”.

E proprio per parlare dei risultati raggiunti nel recente 2012 sul clima e l'ambiente in alta quota alcuni degli studiosi coinvolti si sono riuniti a Roma il 7 febbraio scorso presso la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea a Palazzo Campanari.

13 Istituti del CNR sui 180 coinvolti nel progetto ormai da anni – hanno, a loro volta, sottolineato la dr.ssa Virginia Coda Nunziante, direttore Ufficio Accordi e Relazioni Internazionali CNR e la dr.ssa Cristina Sabbioni del Dipartimento Scienze della Terra del CNR – lavorano nelle misurazioni atmosferiche, glaciologiche, sui fiumi, sui laghi o alla ricerca di specie botanico-floreali nella condivisione di una fatica che soltanto gli ambienti estremi richiedono. Hanno ancora sottolineato l'importanza del lavoro svolto dal Comitato, nato da una intuizione del prof. Ardito Desio, cui si deve tra l'altro la rimisurazione del K2 e dell'Everest con l'ausilio del GPS nel lontano 1986, e presieduto oggi da Agostino Da Polenza, scalatore degli “ 8.000” e assistente del Professore, che ha dato un fenomenale impulso a questa creatura, coinvolgendo in alcuni studi climatici 92 Stazioni in tutto il mondo (in Pakistan, Uganda, Bolivia, Cile, Francia) oltre le due italiane,  Monte Cimone   e lo stesso Laboratorio Piramide in Nepal.

 

La Piramide sull'Everest

 

 

I ghiacciai di una parte dell'Himalaya stanno diventando più scuri per colpa dell'inquinamento atmosferico dovuto all'influenza degli incendi agricoli e forestali che deposita sulla loro superficie  le particelle prodotte dai combustibili fossili, le black carbon appunto. Il fenomeno - ha spiegato il dr. Paolo Cristofanelli, dell'Isac CNR -  è stato per la prima volta misurato dal progetto SHARE, che sarà anche coinvolto nelle misurazioni previste da una campagna di ricerca della NASA programmata per il 2014 e condotta con il programma Ambiente dell'ONU (UNEP)  per valutare lo stato di salute dei ghiacciai. Strettamente legati infatti al clima globale e ad i suoi cambiamenti, l'osservazione dei ghiacciai verrà intensificata - ha spiegato il prof. Claudio Smiraglia, glaciologo dell'Università di Milano – in quanto al fenomeno black carbon non è estraneo l'effetto delle frane dovute allo scioglimento dei ghiacciai in alte quote, che negli ultimi 20 anni si stanno ricoprendo di detriti, tanto da portare i ghiacciai stessi ad assorbire una maggiore quantità di radiazioni solari e a scaldarsi. Anche se – ha proseguito Smiraglia -  il vasto settore montuoso asiatico denominato  Hindu-Kush-Karakorum-Himalaya (HKKH), non può essere considerato un'unica regione omogenea. I 2.000 km che separano l'Himalaya orientale dal Karakorum ne fanno regioni climaticamente molto diverse, tanto che i regressi dei ghiacciai descritti sopra contrastano in alcune altre aree non solo con una riduzione dei ghiacciai  minore che nelle nostre Alpi, ma addirittura  con bilanci di massa stabili da oltre un secolo se non addirittura in crescita. Questa “anomalia” – sottolinea Smiraglia – testimonia la complessità della situazione in una regione come HKKH che ospita 60.000 km² di ghiacciai ed è considerata il terzo polo del nostro pianeta.

Un altro grave problema che SHARE sta studiando riguarda invece la Valle di Katmandu e i villaggi del versante nepalese dell'Everest dove le case sono ancora riscaldate con bracieri alimentati con  sterco di yak, senza alcun sistema di smaltimento dei fumi.

 Il problema ha richiamato l'attenzione sulla salute, pertanto in quest'anno sono stati oggetto di studi abitazioni e residenti. La dr.ssa Annalisa Cogo, dell'Università di Ferrara, ha infatti  evidenziato come l'inquinamento domestico dovuto alle stufe possa trasformarsi in un fattore di rischio per la salute sia dal punto di vista respiratorio che cardiovascolare, a seconda della quantità di particellato che viene inalata. Nella Valle del Khumbu in Nepal non esiste smog da traffico né da attività industriale – ha spiegato la Cogo - ma l'utilizzo di biomasse in bracieri aperti nelle abitazioni per 12 ore al giorno, per riscaldamento e cucina, senza camini di emissione, comporta danni precoci all'apparato respiratorio, tanto da determinare un'elevata incidenza di Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO).

  A questo proposito il Comitato si sta muovendo in collaborazione con l'Università di San Diego per portare nelle case stufe alimentate con il fotovoltaico. Sono, inoltre, in corso di addestramento medici nepalesi nell'esecuzione ed interpretazione dei test di funzionalità respiratoria. Sono anche effettuati controlli su Sherpa residenti a quote da 2.500  fino a 4.000 m s.l.m. che, messi a confronto con altri gruppi caucasici che vivono in Italia a livello del mare, hanno permesso di evidenziare alcune disfunzioni a livello cardiovascolare.

 

Veduta dell'Everest

 

 

Inoltre, nell'ambito del settore delle biodiversità vegetali, di cui ha riferito il dr. Graziano Rossi, del Dipartimento Scienze della Terra e l'Ambiente dell'Università di Pavia, lo studio delle otto specie alpine sottoposte ai cambiamenti climatici nei pressi dei ghiacciai che ne hanno influenzato la germinazione hanno dato risultati interessanti pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale “Annals of Botany”.

Le faticose ricerche nel silenzio delle montagne in alta quota non si fermano, tanto è il materiale che un laboratorio naturale  offre agli scienziati e tante sono le risposte che ci possiamo ancora attendere dal loro lavoro. Intanto, uno dei prossimi impegni  del Comitato sarà la promozione della Giornata mondiale dell'Ambiente, che avrà luogo il 5 giugno nelle scuole della Valle del Khumbu in Nepal per parlare ai ragazzi del clima, dell'ambiente, delle montagne e delle ricerche che si svolgono nel Laboratorio Piramide e che da vicino coinvolgono la loro esistenza.

 

 Il Galileo