Un peso, due misure
Una dieta per il Campione
L’inquinamento aumenta il peso del kilogrammo campione
ma la perdita di idrogeno dovuta alla porosità del platino lo rende più leggero
di Irene Prunai
Il kilogrammo campione consdervato a Sèvres
Protetto sotto tre campane di vetro presso l’Istituto Internazionale dei Pesi e
delle Misure di Sèvres il kilogrammo campione pare abbia messo su pancetta. Due
anni fa l’allarme contrario: era dimagrito troppo. Cosa accade?
Pare sia colpa dell’inquinamento, infatti gli idrocarburi presenti nell’aria si
depositano sul campione dato che le campane di vetro non sono a chiusura
ermetica. Inoltre se nella stessa stanza sono presenti strumenti con mercurio,
la sua evaporazione ne favorisce il deposito sul cilindro di platino. Ogni volta
che il campione viene misurato per effettuare le periodiche verifiche questo
viene prima accuratamente lavato e se il peso non corrisponde si procede a
un’ulteriore pulizia del pezzo. Quindi in realtà “l’aumento di peso” non è poi
così grave. Ciò che preoccupa gli scienziati è invece il fatto che una volta
eliminati i residui dell’inquinamento il kilogrammo risulti più leggero. Il
problema è dovuto al fatto che le tecniche di costruzione di una volta erano
meno raffinate di oggi e il platino alla fine del processo risultava troppo
poroso lasciando così sfuggire l’idrogeno.
La bilancia degli antichi egizi
Breve storia delle unità di misura
Fin dagli albori della società umana si è sentita l’esigenza di confrontare, classificare, misurare. È il bagaglio scientifico comune a tutti gli uomini che ha portato allo sviluppo di concetti quali “unità di misura” e “strumenti per misurare”. Abbiamo moltissime testimonianze di organizzazioni che oggi definiremmo “metrologiche” che sono nate in seno a civiltà del passato. Un esempio su tutti è quello degli egiziani: nei libri dei morti presenti in varie tombe sono descritti i metodi di misurazione con la bilancia. Ciò presuppone la conoscenza della tecnologia necessaria alla sua costruzione e allo sviluppo dell’idea del “campione”.Le misure di lunghezza, molto più antiche di quelle di peso, venivano in genere definite facendo riferimento a parti del corpo umano come il pollice o il piede e rimasero in uso a lungo. Ma del resto queste unità, opportunamente ridefinite, nel mondo anglosassone sono ancora molto diffuse.
Il metro campione
L’unico esempio di unità di misura legata a un fenomeno fisico lo troviamo nella
Cina del primo secolo a.C. in cui l’unità fondamentale era basata sulla
frequenza di una nota emessa da un flauto. L’originalità e la modernità di
questa unità di misura purtroppo non contagiò lo sviluppo della metrologia
occidentale e del resto fino al 1600 è anche molto difficile parlare di un
sistema unico. Ogni popolo, regno o signorotto locale tendeva ad utilizzare un
proprio sistema di riferimento dotati di opportuni campioni spesso custoditi con
cura religiosa in luoghi sacri. L’idea di un’armonizzazione in questo ambito era
legata per lo più alla colonizzazione da parte di altre popolazioni. Lo vediamo
con l’impero romano che per garantire uno scambio economico e scientifico
imponeva ai popoli assoggettati l’uso di un sistema unico e un altro grande
esempio è un decreto carolingio del 789 sull’unificazione dei campioni di misura
in tutto l’impero. Dei grandi passi nella storia ma sicuramente non sufficienti
a “far scattare la molla”, per questo dobbiamo aspettare i grandi commerci, le
realizzazioni tecnologiche e la ricerca scientifica. Lo sviluppo degli scambi
marittimi e terrestri portò Ferdinando II d’Aragona nel 1480 a far scolpire nel
cortile della vicaria di Sicilia i campioni di lunghezza che dovevano servire a
tutto il reame e nel 1528 Genova decretò
l’unificazione di tutte le misure nel suo dominio. Si arrivò così all’inizio del
1700 ad avere una unificazione dei nomi ma non delle misure. Ormai però il
problema aveva superato l’ambito del commercio e cominciò a essere sentito dagli
scienziati che avevano la necessità di far conoscere e confrontare i risultati
dei loro esperimenti. È da qui che nasce l’idea di ricercare in fenomeni fisici
universali il punto di partenza per definire delle unità di misura
universalmente valide. Il 7 aprile del 1795 l’Accademia delle Scienze di Francia
pubblicò la tabella ufficiale delle unità con multipli e sottomultipli: era
appena nato il “Sistema metrico decimale”. Ci vollero ben quattro anni per la
costruzione dei campioni inalterabili delle unità di peso e lunghezza. Il 22
giugno del 1799 un cilindro di platino-iridio del valore di un kilogrammo e una
barra dello stesso materiale della lunghezza di un metro divennero i campioni
definitivi in tutta la Repubblica.
Altro esempio di metro campione
Il metro
Fu definito dalla neonata repubblica francese come la decimilionesima parte del
meridiano terrestre e in base a questo venne costruito il metro campione
attualmente conservato al museo dei Pesi e delle Misure di Sèvres (Parigi).
Delle copie di grande precisione della barra furono mandate ai laboratori di
campionatura di tutto il mondo e questi campioni secondari furono usati per
tararne di nuovi. Arrivò il momento in cui la scienza e le tecnologie moderne
pretesero delle unità di misura più precise e raffinate e nel 1960 il metro
venne ridefinito come 1650763,73 lunghezze d’onda di una particolare luce color
rosso arancio emessa dalla scarica di un tubo a gas rarefatto di cripton-86. Nel
1983 l’esigenza di ancora maggior precisione portò a una nuova definizione e il
metro diventò la distanza percorsa da un’onda di luce in uno specifico
intervallo di tempo.
Il kilogrammo
il campione della massa è, come già detto, un cilindro di platino-iridio al
quale è stata assegnata per convenzione la massa di un kilogrammo. La
particolarità di questa unità di misura è che nel corso della storia non è mai
stata ridefinita. Vari tentativi di utilizzare altre unità, come ad esempio
l’unità di massa atomica definita a partire da un atomo di carbonio-12, restano
confinati nell’ambito della ricerca atomica.
Attualmente è maturata l’idea di sostituire l’unità con la costante di Planck e
a tal proposito è prevista una nuova Conferenza per l’anno prossimo.
L'orologio atomico
Il secondo
l’unità di tempo merita un discorso a parte. Fin dall’antichità l’uomo
utilizzava l’alternarsi del giorno e della notte o la durata delle stagioni per
misurare l’andamento del tempo. Si faceva quindi riferimento ai fenomeni
astronomici per misurare grandi intervalli di tempo. Per piccoli intervalli nel
corso della storia furono inventate clessidre sempre più raffinate. Ma è con
l’invenzione dell’orologio meccanico che il tempo irrompe nella vita delle
persone. Tra tutte le grandezze fisiche è quella che tutti noi usiamo di più ma
che in realtà conosciamo di meno. La 13° Conferenza Generale dei Pesi e delle
Misure nel 1967 definì il secondo come il tempo necessario alla luce emessa da
un atomo di cesio-133 per effettuare 9192631770 oscillazioni. Per misurare
questa quantità di tempo vengono utilizzati degli “orologi atomici” con una
precisione di 10-9 secondi al giorno.