Tra Arno d’argento e cannocchiali
di Firenze
di Magali Prunai
Nell’immaginario collettivo Firenze è la città d’arte per eccellenza, meta di
pellegrinaggi e teatro di numerosi racconti, di fantasia o ispirati alla realtà.
Neanche a farlo a posta stavo proprio rileggendo Camera con vista, “A Room with
a view”, di Foster, quando mi è stato comunicato che per lavoro sarei andata
alcuni giorni a Firenze, la città dell’Arno, dove tutto ebbe inizio per i
protagonisti di Foster e per me, molto più modestamente, la città dei nonni.
Speravo di soggiornare in una pensione “pittoresca” con una bella vista sulla
città, come Lucy Honeychurch, la giovane ingenua protagonista di Foster, senza
neanche bisogno di dover scambiare la mia stanza con un altrettanto giovane e
attraente avventore dell’albergo. Ma la mia camera affacciava su una strada
trafficata e dei palazzi come tanti e per tutto l’albergo neanche l’ombra di
George Emerson, o di Julian Sands, l’attore che interpretò il protagonista
maschile nella trasposizione cinematografica degli anni ’80.
Fortunatamente la delusione della camera è stata ripagata dalla visita a un
museo che poco conoscevo, il museo Galileo. Un gioiellino nel cuore di Firenze
la cui biblioteca, una volta sede della Deputazione di Storia Patria e
dell’Accademia della Crusca, conserva circa 170.000 opere di interesse
storico-scientifico.
Il museo Galileo potremmo definirlo un museo della storia della scienza e nel
paese di grandi scienziati, come appunto Galileo o Torricelli, non è poi così
scontato che esista. In un mondo in cui si definisce la cultura scientifica una
cultura di serie B, un polo museale dedicato alla raccolta di beni scientifici è
sicuramente una scelta molto coraggiosa quanto importante.
Ci lamentiamo che in pochi intraprendono studi scientifici, che di questi pochi
le donne sono una spaventosa minoranza, ma poi ben poco facciamo per stuzzicare
l’interesse, appassionarvi i più giovani e rendere comprensibile delle
discipline che non sono poi così complicate come pensiamo.
La facciata del museo
Tornando
al museo, la collezione è travolgente. Girando per le sale del Galileo si
respira un’aria tutta particolare: è aria di storia, è aria di cultura, è aria
di sapere, è aria di voglia di dare vita a qualcosa di nuovo, a un museo più
vivo, più vissuto e non solo una semplice vetrina sul passato, specchio di
un’epoca distante e che si può solo ammirare statica nel tempo.
Cannocchiali, orologi solari, astrolabi, meridiane, sfere armillari sono padroni
indiscussi delle sale. Il cannocchiale di Galileo, come la lente di Torricelli,
catturano l’occhio e la fantasia, come l’orologio solare a forma di dodecaedro
del 1587 o l’imponente sfera armillare tolemaica, 1588-1593 c.ca, creata da
Antonio Santucci, utilizzata per lo studio e resa particolare dalle sue
dimensioni imponenti, in legno dorato e dipinto e che custodisce al suo interno
un bellissimo globo terrestre aggiornato alle ultime scoperte geografiche.
In disparte, ancora senza una vera collocazione, l’ultima acquisizione del museo: una meridiana molto particolare che non può non stuzzicare la fantasia dello spettatore. Interamente realizzata in carta, con disegni ancora ben conservati sul retro, accompagnava un dono di caffè. Stava per essere acquistata da un privato ma fortunatamente il pubblico ha avuto la meglio.
E poi, per tornare a sognare ancora un po’, prima di lasciare il museo ho
finalmente trovato la mia camera con vista: una finestrella semi aperta
affacciata su Firenze che per l’occasione indossava la sua veste migliore.
L'interno della sfera armillare