Il giudice-boia di Hitler

Un libro di Helmut Ortner ripercorre la carriera di Roland Freisler, magistrato nazista, presidente del Tribunale speciale – In un solo anno giudica 4428 imputati,  emette 2097 condanne a morte,1842 al carcere contro 489 assoluzioni – Fra le sue vittime anche gli aderenti alla Rosa Bianca

 

 

di Adolfo Scalpelli

 

 

Roland Freisler era il giudice preferito di Hitler. Non costava niente a Freisler, come presidente del tribunale speciale nazista, comminare la pena di morte per un imputato su due. Davanti a lui  passarono i fratelli Hans e Sophie Scholl della “Rosa bianca” di Monaco di Baviera e quasi tutti gli uomini dell’attentato a Hitler del luglio 1944. Meno, naturalmente, quelli fucilati poche ore dopo lo scoppio della bomba senza nemmeno una parvenza di processo. Aveva 45 anni quando divenne presidente del Volksgerichtshof  (VGH), il tribunale davanti al quale passarono i più temibili nemici di Hitler, ma anche gente semplice come avvenne in Italia con il Tribunale speciale per la difesa dello Stato. I regimi dittatoriali e sanguinosi si copiano.

  Era nato a Celle il 30 ottobre 1893, aveva fatto le scuole in città diverse a seguito degli spostamenti del padre che inseguiva incarichi importanti per la sua carriera. E Roland intanto, nelle scuole che frequentava si distingueva sempre per profitto, intelligenza e ambizione. Alla maturità fu il migliore della sua classe. Per gli studi universitari scelse giurisprudenza e si iscrisse all’Università di Jena. Ma quando nel 1914 scoppiò il conflitto mondiale si arruolò e, dopo i combattimenti a cui partecipò nelle Fiandre, fu promosso sottotenente e gli venne conferita la “Croce di ferro”. Fatto prigioniero sul fronte orientale e internato in un campo della Russia sovietica, di quel campo di soldati sconfitti, egli divenne uno dei capi. E da lì nacque il sospetto, e per alcuni un’accusa senza dubbio alcuno, di essere diventato un “bolscevico”, di aver studiato il russo e approfondito, per scelta politica, le conoscenze teoriche del marxismo. Qualunque sia la verità, anche questo dimostra che in ogni circostanza Freisler sfogava la sua ambizione sfrenata e si faceva largo con tutti i mezzi.

  La prigionia durò fino al 1920 e al suo ritorno in Germania riprese gli studi, su laureò in legge col massimo punteggio e con suo fratello aprì a Kassel lo studio di avvocato. Con molta fortuna. La fama di avvocato  molto impegnato nelle cause di difesa si sparse e aumentarono i clienti, ma attirò anche su di sé l’attenzione del mondo giuridico. Stimò allora, certamente, che alla sua ambizione mancava ancora qualcosa e quel qualcosa era la politica. E scelse collocandosi a destra, molto a destra, anzi all’estrema destra nel Volkisch-Sozialer Block”, un partitino omologo a quella di cui Hitler era diventato il capo tanto che nel giro di pochi mesi, non di anni, Freisler abbandonò la formazione politica che aveva scelto e passò con il partito nazista dentro il quale si svolgerà tutta la sua carriera e raggiungerà alte posizioni in cui potrà sfogare tutta la sua sfrenata ambizione, la sua cupidigia di potere e diventare un fanatico sostenitore del nuovo diritto nazista. Un collaboratore di quell’opera di stravolgimento e cancellazione di quella teoria del diritto che nasceva dall’Illuminismo.

  Del nazismo egli possedeva tutte le stimmate, le note distintive. A Kassel partecipò a una vera e propria impresa uadristica contro il Piccolo Teatro prendendo a pretesto che si rappresentava un’opera blasfema che blasfema non era. Poi con i suoi camerati assaltò il municipio, esattamente come avevano fatto i fascisti  qualche anno prima in Italia. Non fu l’unica azione violenta di Freisler. Doveva essere degno del partito di Hitler, doveva dimostrare di saper recitare tutte le parti della rappresentazione nazista, essere protagonista di prima fila.

  Mise sempre più in vista la sua disponibilità a servire fin dai primi mesi dalla presa del potere e così già nel giugno 1933 eccolo nominato segretario di stato del ministero della Giustizia prussiano (e, più tardi, del governo del Reich) con uno stipendio di 24 mila marchi. E non tardò, in questa veste, a silurare il presidente del tribunale di Berlino che gli aveva dichiarato di essere di “principi liberali e democratici” e che non dava “alcuna importanza ad alcuna collaborazione con il regime nazionalsocialista”. Il magistrato venne subito collocato a riposo, vittima sacrificale, fornendo un esempio, pur limitato ma significativo, che Hitler non scherzava quando anni prima aveva detto, senza che il mondo politico internazionale si allarmasse:  “…ci serviremo di mezzi democratici soltanto per ottenere il potere e che dopo aver ottenuto il potere negheremo senza scrupoli tutti i mezzi che vengono concessi all’opposizione…”.

  L'aula dello Justizpalast (palazzo di giustizia)

 

Non era, del resto, una posizione isolata, personale e individuale quella di Freisler; la Lega dei magistrati tedeschi non aveva già dichiarato la piena fiducia al nuovo governo? Dopo quella dichiarazione della Lega apparsa nel marzo ci fu la corsa a dichiararsi d’accordo con quel “rinnovamento” della Germania e lo dichiararono i giudici e i procuratori della “Associazione dei magistrati prussiani” e le stesse corde fecero suonare l’”Associazione dei notai tedeschi” e quella degli avvocati tedeschi.

  Non fu difficile, quindi a Hitler, dopo l’incendio del Reichstag, alla fine del febbraio 1933, procedere all’abolizione di parecchi diritti contemplati nei paesi democratici e considerare forme di “tradimento del popolo tedesco” il semplice diritto alla critica. La Germania nazista aboliva ogni parvenza di libertà, procedeva spedita alla nazificazione totale della vita pubblica e privata, e ciò che era gravissimo era la sottomissione del diritto e della magistratura al volere del partito e dei principi politici nazisti. Il pensiero unico, il pensiero del Fuhrer. Con orrende parole di consenso pronunciate anche dalla Corte suprema in seduta plenaria: “Nessun giudice tedesco non può non riconoscere l’ammonimento del Cancelliere del Reich che il terreno dell’esistenza della giustizia non può essere altro che il terreno dell’esistenza della nazione e che la giustizia deve quindi sempre tenere in considerazione il peso delle decisioni di coloro che hanno il dovere di formare la vita della nazione in modo responsabile sotto la costrizione della realtà”.

  La magistratura del tempo non mancò nemmeno di partecipare a manifestazioni collettive di ossequio servile al potere nazista come quando a Lipsia convennero circa ventimila magistrati per la “Giornata dei giuristi tedeschi”. Intanto la Lega dei giuristi tedeschi era diventata la “Lega dei giuristi tedeschi nazionalsocialisti” e gli iscritti che nel gennaio erano 1600 divennero 30 mila alla fine dell’anno. La nazificazione della categoria marciava spedita e non fu sorda nemmeno alla battaglia razzista contro giudici e avvocati ebrei che vennero privati degli incarichi ed espulsi dal lavoro. Mentre procedeva a tappe forzate il lavoro per creare un diritto penale nazionalsocialista, al quale Freisler partecipava con tutta la sua volontà, schierato senza riserve su tutto quanto avveniva in Germania per decisione di Hitler. Non un dubbio lo tormentava. A quei tempi sui giornali si scrivevano parole inequivocabili: “L’autorità del Fuhrer è al di sopra di tutte le competenze…L’autorità del Fuhrer è totale”, ma non erano frasi fatte, era il concetto di principio del nuovo diritto tedesco, della giurisprudenza tedesca. Anche per i giudici. Totalitarismo, autoritarismo e dittatura tirannica  brutale e sanguinaria non consentono certo all’individuo una scelta di appartenenza, no il singolo è solo sottoposto alla volontà altrui, è un essere passivo, è soltanto un esecutore, l’uomo può solo essere degradato a strumento della volontà nazista.

  Intanto nel luglio del 1934, per avere la sicurezza che i principi giuridici nazisti fossero sempre applicati con assoluto rigore, senza compromessi, tentennamenti o dubbi venne creato il tribunale nazista per antonomasia, il Volksgerichtshof  (VGH), così come in Italia esisteva il Tribunale speciale fascista. Freisler ne diventa presidente nel 1942, in piena guerra. Conosce bene quali siano i principi che regolano il funzionamento di questo tribunale: “In nessun altro tribunale emerge così chiaramente come nel Volksgerichtshof  che la giurisprudenza di questo massimo tribunale politico deve essere in armonia con i vertici dello Stato”. Nessun infingimento, nessuna dissimulazione. Il tribunale è al totale servizio della dittatura nazista. Nel curriculum di questo personaggio c’è un altro episodio infamante: egli partecipò alla conferenza di Wansee, la riunione che diede il via alla “soluzione finale” per gli ebrei, cioè al loro sterminio. In quel momento Freisler aveva ancora il grado di segretario di Stato e poche settimane dopo avrebbe assunto assunto la presidenza del Volksgerichtshoff.

  Il predecessore di Freisler al vertice del VGH, Georg Thierack, aveva totalmente soddisfatto Hitler, tanto da fare un balzo in carriera ed essere nominato ministro della Giustizia e, contemporaneamente, presidente della ”Accademia del diritto tedesco” e direttore della “Lega dei tutori del diritto nazionalsocialista”. E come poteva  sotto il nazismo  pubblico guadagnare tanta stima e tante cariche e riconoscimenti un uomo se non fosse stato al pieno servizio dell’ideologia e della pratica nazista? Avendo svolto il suo lavoro badando soltanto a servire e in questo caso ad emettere sentenze sulla base della violenza del diritto nazionalsocialista. Eccole le parole di Hitler: “Per l’adempimento dei compiti del grande Reich tedesco è necessaria un giurisprudenza forte. Io incarico e autorizzo quindi il ministro della Giustizia del Reich a fondare una giurisprudenza nazionalsocialista e a prendere tutti i provvedimenti necessari secondo le mie linee guida e disposizioni in accordo con il ministro del Reich e capo della Cancelleria del Reich e con il direttore della Cancelleria del partito. Nel fare questo può applicare delle deroghe al diritto vigente”. Il ministro, quindi, in Germania aveva due padroni: il governo e, soprattutto, il partito, anzi determinante era il partito nel caso gli sorgesse qualche dubbio.

  Quando Freisler assumerà la carica di presidente del Volksgerichtshof il diritto è già soltanto diritto nazionalsocialista e tutto è già corrotto, infettato, avvelenato dal poter nazista.

  Freisler inizia l’ultimo atto della sua brutale carriera scrivendo una lettera a Hitler. E’ uno scritto servile, è la testimonianza di un uomo che si è messo in ginocchio da tempo, ma è anche la dimostrazione dell’accettazione completa di tutte le brutture e le violenze contro l’uomo commesse dal regime nazista.

 “Mio Fuhrer!

Le chiedo il permesso di comunicarle che ho iniziato a lavorare nell’incarico che mi ha assegnato e che nel frattempo mi sono già impratichito.

Il mio ringraziamento per la responsabilità che mi ha voluto affidare consisterà nel lavorare in modo fedele e con tutte le mie forze per la giurisdizione del suo più alto tribunale politico, per la sicurezza del Reich e per l’unità interna del popolo tedesco con il mio esempio di giudice e come capo degli uomini del Volksgerichtchof, orgoglioso di rispondere a Lei, mio Fuhrer, massima carica e giudice del popolo tedesco.

Il Volksgerichsthof si sforzerà di giudicare sempre nel modo in cui crede che Lei stesso, mio Fuhrer giudicherebbe il caso.

Heil, mio Fuhrer! In fede, il Suo soldato politico

Roland Freisler.”

  A quei gerarchi del partito nazista o ai colleghi magistrati che lo definivano “invasato” o “viscido guitto”, questa lettera poteva fornire la prova del loro giudizio.

  Non può tuttavia ignorare,Freisler, il suo superiore diretto, il ministro Thierack, con il quale i rapporti reciprocamente di poca simpatia e anche di poca stima, dopo aver mandato a Hitler quella lettera da basso impero, comunque intonata ai tempi. Perciò scrive anche a lui e rassicura il destinatario di aver organizzato il suo lavoro al VGH in modo da poter stroncare qualsiasi tipo di “alto tradimento”. Thierack, quando scrive a Freisler, ha sempre il tono del maestro, dell’istruttore, dell’insegnante un poco pedante, ma paterno.  Ecco una delle istruzioni: “ Se un ebreo – gli scrive – per di più se un ebreo in una posizione di spicco, è accusato di alto tradimento – fosse anche soltanto per concorso in alto tradimento – dietro di lui c’è l’odio e la volontà dell’ebraismo di annientare il popolo tedesco. Di norma questo sarà quindi alto tradimento che è da punire con la morte”. Freisler non aveva bisogno di simili incoraggiamenti ad applicare la pena di morte. Conosceva bene i codici del diritto nazionalsocialista, aveva entusiasticamente partecipato alla loro stesura. Ora doveva applicarli, spietatamente,  disumanamente inesorabile nelle condanne a morte. Passarono davanti a lui, presidente del tribunale, migliaia di imputati. Passarono Hans e Sophie Scholl, grandi e piccoli “criminali” antinazisti, ufficiali e generali dell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944. Una sintetica ricostruzione del processo si può trovare nel libro di J.Wheeler-Bennet, La nemesi del potere. Offesi, ingiuriati, oltraggiati, umiliati, costretti a reggersi i calzoni perché privati di bretelle, con le tracce di pesanti percosse e torture subite in carcere. Sophie Scholl andò al patibolo con una gamba rotta. Ma più che la descrizione dei processi valgono le statistiche di compendio dell’attività del tribunale di Freisler. Nel 1944 quel VGH  giudica 4428 imputati ed emette 2097 condanne a morte,1842 al carcere contro 489 assoluzioni. In sostanza gli ultimi due anni e mezzo della sua vita Freisler li passa emettendo sentenze su sentenze con largo uso della pena di morte. Il 90 percento dei processi si concludeva con condanne a morte. Hitler aveva visto giusto quando decise di nominare Freisler presidente del VGH e sapeva di essere  attentamente ascoltato quando nel primo discorso dopo l’attentato disse che non doveva esserci nessuna pietà per gli imputati che dovevano essere spietatamente giudicati.

  Il 3 febbraio 1945, mentre è in seduta, su Berlino si scatena un pesante bombardamento aereo e il palazzo di giustizia viene duramente colpito. Freisler è tra le vittime. Venne sepolto a Dahlem nella tomba di famiglia della moglie. Non c’è targa che lo ricordi.

 

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 Atrio dell'Università Ludwig Maximilian di Monaco:la  "Geschwister-Scholl-Platz"

 (piazza Fratelli Scholl)

 Helmut Ortner, Il giudice boia al servizio di Hitler. La sanguinaria carriera di Roland Freisler, Zambon 2011, è il libro costruito sulla figura di Freisler, con uno sguardo attento anche alle trasformazioni del diritto, agli interventi drasticamente perseguiti per annullare tutte le garanzie individuali della persona. E’ forse la prima volta che esce un’opera organica sul giudice nazista. Peccato che nel libro non sia stato fatto uno sforzo di raccolta e citazione di giudizi espressi sul nazista Freisler da autorevoli storici che si solo occupati della storia contemporanea tedesca. Oltre a Wheeler-Bennet, William L. Shirer che presenziò persino a sedute del Volksgerichtshof, esprime pesanti, e inappellabili giudizi  di condanna sul  personaggio. Scrive Shirer: “…spregevole maniaco che, caduto prigioniero dei russi durante la prima guerra mondiale, era divenuto un fanatico bolscevico e che anche dopo essersi trasformato, nel 1924, in un non meno fanatico nazista, era rimasto un fervente ammiratore del terrorismo sovietico e un appassionato studioso di quei metodi”. Anche storici tedeschi meritavano di essere ricordati.

  “Radicale e cinico” lo definisce Joachim Fest. “Il suo modo chiassoso e autoritario di dirigere le udienze, con lo scopo esplicito di voler <atomizzare> l’imputato, dipendeva anche dal suo temperamento teatrale, dalla predilezione per gli atteggiamenti radicali, dalla scoperta soddisfazione di sentirsi padrone della vita e della morte degli accusati, oltre che dall’ossequiosa sottomissione ai voleri di Hitler.”

  Occorrerebbe un libro intero per raccogliere i giudizi formulati dagli storici.

  Ma la storia della magistratura tedesca continua. Ortner racconta la vergogna del perdono ai tanti magistrati che si comportarono, se non quantitativamente, certo qualitativamente come Roland Freisler. Ma questo fa parte degli atti di accusa nei confronti di quei governi tedeschi che fecero fallire seri processi di denazificazione. Lo stesso avvenne in Italia. I processi storici del due paesi procedettero paralleli.

 

                                                                          

IL GALILEO