alcuni record negativi
di Bartolomeo Buscema
Temperature superficiali medie globali in continuo aumento, riduzione della
superficie terrestre coperta dai ghiacciai, eventi meteorologici sempre più
virulenti e frequenti.
Un quadro generale desolante che sta causando notevoli danni economici mettendo
a repentaglio la vita di milioni di persone.
I numeri dell’ultimo rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale, State
of the Global Climate 2023, pubblicato il 19 marzo scorso, confermano che il
2023 è stato l’anno più caldo degli ultimi 174 anni. Un anno caratterizzato da
una temperatura media superficiale pari a 1,45 °C (con un margine d’incertezza
di 0,12 °C) sopra i valori preindustriali. Un valore vicinissimo alla soglia
limite d’incremento di 1,5 °C, oltre la quale la probabilità di un’instabilità
climatica irreversibile diventa reale.
L’altro record negativo riguarda l’estensione del ghiaccio marino antartico che
nel 2023 è stata di gran lunga la più bassa mai registrata, con il valore
massimo pari a 1 milione di chilometri quadrati in meno rispetto all’anno
precedente. Come naturale conseguenza , il tasso d’innalzamento medio globale
del livello del mare è aumentato. Negli ultimi dieci anni (2014-2023) è più che
raddoppiato rispetto al primo decennio analizzato tramite dati satellitari
(1993-2002). E poi, meno è l’estensione dei ghiacciai meno è l’albedo terrestre.
Ciò significa una minore riflessione verso lo spazio della radiazione incidente
sul nostro pianeta.
Per quel che concerne gli eventi meteo estremi, cioè le ondate di calore, le
siccità, le alluvioni, le tempeste, i dati rilevati sono decisamente
preoccupanti.
L’Agenzia Ambientale Europea stima che nel corso di questo secolo la frequenza
delle inondazioni possa triplicare, mentre quella di ondate di calore e siccità
aumenterà di più di dieci volte. Gran parte dell’Europa subirà un aumento della
frequenza e virulenza di tempeste e pericolose grandinate.
Un quadro allarmante stemperato dalla speranza di una transizione energetica
rapida e giusta da attuare al più presto, perché i costi di un’inazione
prolungata sarebbero esorbitanti rispetto agli investimenti, oggi necessari, per
cambiare rotta.