I pericoli delle microplastiche

e le loro possibili alternative

 

 

di Bartolomeo Buscema

Le microplastiche sono minuscole particelle che si trovano in tantissimi prodotti di uso quotidiano: cosmetici, detergenti, dentifrici. Ma ci sono anche le microplastiche che derivano dalla frammentazione di oggetti più grandi, come bottiglie, sacchetti e contenitori di vario genere conferite in discarica. Il problema principale delle microplastiche è che possono facilmente finire nei nostri mari dove sono ingerite da pesci, crostacei e altri animali marini, diventando, attraverso la catena alimentare, un pericolo per la nostra salute. Si stima che un totale di 50 miliardi di particelle microplastiche siano già accumulate negli Oceani e che nei mari europei entrino circa 200.000 tonnellate l’anno. Molti studi puntano il dito sulle microplastiche quali agenti patologici per malattie a carico dei reni, fegato, intestino, polmoni, sistema cardio vascolare, neurologico e immunitario. Un quadro preoccupante che va affrontato sia con la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull'importanza di ridurre il consumo di plastica e di riciclare correttamente, sia, per quanto riguarda la produzione, ricorrendo alle bioplastiche. Ad esempio, una valida alternativa alla plastica proveniente dal petrolio è l’acido polilattico (PLA), un polimero termoplastico che si ottiene trasformando gli zuccheri del mais, barbabietola, canna da zucchero. E’ un materiale trasparente, resistente meccanicamente, e soprattutto biodegradabile e compostabile al 100%.Se si utilizza un compostatore domestico, con temperatura  media di 40°C, bastano 120 giorni per una completa biodegradazione. In caso di abbandono il PLA degrada, senza lasciare elementi inquinanti, in 15 mesi se lasciato sul terreno, 24 mesi se interrato, 48 mesi in acqua. Tempi notevolmente inferiori ai 100 anni di un generico manufatto di plastica derivato dal petrolio. Grazie alle proprie caratteristiche termoplastiche e meccaniche, con il PLA si può produrre qualsiasi manufatto con i normali macchinari in uso. E ciò è certamente un punto di forza. Ricordiamo che, in Italia, ci sono progetti industriali che mirano a utilizzare cellulosa a base di canapa come materiale di partenza per la creazione di occhiali e altri oggetti di uso quotidiano. Purtroppo, le bioplastiche hanno ancora costi di produzione piuttosto elevati rispetto alle plastiche convenzionali. E’ un fatto legato alla legge della domanda e dell’offerta, ma ciò non deve ostacolare la volontà da parte dei produttori di una loro massiccia introduzione nel mercato a beneficio del nostro ecosistema. Noi tutti dobbiamo renderci conto che l’uso estensivo di plastica non biodegradabile rappresenta una minaccia reale per l'ambiente e per la salute umana e, pertanto, è necessario agire subito per ridurne la loro diffusione. Ogni piccolo gesto conta.

Il Galileo