Recensione di Pia Bassi
Un universo grande, infinito, che l’autore Giorgio Chinnici, Fisico e Ingegnere
elettronico, ci porta a scoprire attraverso l’esplorazione del nucleo,
infinitamente piccolo, invisibile all’occhio umano, ma che dobbiamo scrutare con
mezzi messi a punto dall’uomo, per scoprire i preziosi frutti che ci permettono
di migliorare la nostra vita sulla Terra e al tempo stesso di esplorare
l’universo. Da questi frutti possiamo trarre energia pulita ed evitare di
autodistruggerci con la bomba atomica.
Già molte sono le applicazioni benefiche del nucleare in molti campi come
nella medicina, nelle centrali per ottenere energia pulita - tramite la
fissione o la fusione – necessaria per l’esplorazione spaziale che, con
la passeggiata sulla superficie lunare nel 1969, è diventata un must, un obbligo
che presto ripeteremo costruendo abitazioni atte alla vita permanente dell’uomo
sulla Luna. Conquiste facili? Non si direbbe. La vastità che ci svela
il James Webb Space Telescope (JWST) con il suo specchio di 6,5 metri e
la sensibilità osservativa nella banda infrarossa, ci fa riflettere che abbiamo
soltanto aperto uno spiraglio sull’immensità popolata da galassie lontanissime
finora ignote, che la nostra curiosità vorrebbe conoscere nonché visitare. Gli
“Infiniti mondi” visti col pensiero dal filosofo Giordano Bruno nel sedicesimo
secolo, diventano realtà.
E pensare che l’uomo si levò dal pianeta Terra, nell’aria, acquisendo la
comprensione del mondo, soltanto nel 1783 con il primo pallone aerostatico, la
mongolfiera, opera dei fratelli francesi Montgolfier. Grazie all’aria calda
immessa nel pallone, l’uomo si staccò dalla Terra per un’altezza di 2 km in 10
minuti. Nascono gli aeronauti che poi diventano astro e cosmonauti con il primo
viaggio di Gagarin nel 1961 che osservò per primo la Terra dallo spazio ed che
ora della Terra abbiamo fotografie scattate dal lontano pianeta Saturno che ci
mostrano un semplice puntino azzurro.
Come ha fatto l’uomo a scoprire le proprietà di un oggetto invisibile? Fu
Antoine Henry Bequerel che il 1° marzo 1896 percepì e vide una radiazione
flebile su una lastra fotografica: era una radiazione elettromagnetica. Si
rivelò quindi l’invisibile, casualmente, dando inizio a ricerche per svelarne il
contenuto dell’atomo, utilizzando acceleratori potenti (vedi LHC al Cern di
Ginevra) che imitano con le alte energie ciò che avviene non solo nel Sole, ma
in tutte le stelle e galassie che ionizzano e reionizzano l’universo dalla sua
nascita. E’ la fusione nucleare. Un mondo microscopico, prima teorizzato dagli
scienziati dapprima teorizzato dagli scienziati e poi fatto emergere con gli
esperimenti. L’autore ci spiega che nulla rimane nascosto e uno “zoo di
particelle” emerge formando una ricca tavola periodica, le cui scoperte hanno
valso a molti scienziati premio Nobel. Dall’Idrogeno
H 1, a Oganesson, Og 118, la tavola periodica non è ancora completa.
Gli alchimisti furono i primi a voler trasformare il mondo e la natura.
Le loro idee derivavano dagli antichi greci: terra-acqua-aria-fuoco, volevano
trasformare o meglio, trasmutare i metalli vili in oro, metallo nobile. E’ un
processo chimico-fisico che li “trasmuta”, è un processo che avviene nelle
stelle e che noi cerchiamo di imitare. Quindi gli elementi chimici non sono
immutabili come voleva la concezione precedente. I fautori di questa scoperta
sono Blakett che per primo scoprì la “trasmutazione” con una reazione nucleare.
Mentre Rutherford e Soddy nel 1901 osservarono come il Torio Th 90, decadendo
alfa, divenne Radio Ra88. E la “pietra filosofale”? Fu poi concretizzata?
Glenn Seaborg nel 1980 a Berkeley (nel 1941 scoprì il Plutonio Pu94)
riuscì a trasmutare mediante reazioni nucleari “ diverse migliaia di nuclei di
bismuto in nuclei di oro” ma, scrive Giorgio Chinnici, fabbricare l’oro con la
trasmutazione del bismuto sarebbe più costoso del metallo nobile ottenuto,
quindi la trasmutazione di Seaborg non ha alcun impiego pratico perché è più
facile trasformare l’oro in piombo. Rutherford fu premiato con il Nobel nel
1908, ma per la chimica non per la fisica. Possiamo scrivere che le
trasformazioni vengono dalle reazioni nucleari sollecitate dalla interazione
elettromagnetica forte fra neutroni e protoni. C’è anche l’interazione debole
che trasforma neutroni in protoni e viceversa, è ciò che avviene nella nostra
stella Sole , la fusione nucleare che ci dà energia e che cerchiamo di ricavare
anche con la fissione.
Sophie Germain Libertà, uguaglianza e matematica
di Cecilia Rossi, L’asino d’oro Edizioni, Roma, 2023, pp. 146, € 15
Recensione di Adriana Giannini
In Francia sono parecchie le scuole intitolate alla matematica Sophie Germain e
pensare che quando era ragazza
chissà
che cosa avrebbe dato per poterne frequentare una. Purtroppo negli anni in cui
visse tra il 1776 e il 1831, ma anche per molti decenni a seguire, a una giovane
donna non bastava vivere a Parigi, provenire da una famiglia agiata e
soprattutto essere dotata di molto talento per poter seguire corsi di studio
regolari e approfonditi. Per le contemporanee era sufficiente saper leggere,
scrivere, magari ricamare e suonare uno strumento, muoversi con grazia e poco
più. Questo non bastava certo alla tredicenne Sophie che, in piena rivoluzione
francese, scoprì che la biblioteca del padre era il posto più tranquillo e
sicuro in cui rifugiarsi.
Inizia con questa scoperta l’agile libretto che Cecilia Rossi ha dedicato a
Sophie Germain, misconosciuta matematica ai suoi tempi e da pochi decenni
rivalutata sia per i risultati in
campo matematico sia per la tenacia nel portare avanti i suoi studi in un mondo
che, come sottolinea Roberta Fulci nella prefazione, considerava le donne del
tutto inadatte a portare avanti un lavoro scientifico indipendente.
Come racconta con uno stile vivace e coinvolgente l’autrice, è nella ben fornita
biblioteca del padre, un agiato e colto commerciante, che Sophie scopre per caso
il fascino della matematica. Leggendo il libro di Montucla sui grandi matematici
resta folgorata dall’episodio dell’uccisione di Archimede di Siracusa da parte
di un rozzo soldato romano incapace di capire che lo scienziato era troppo
assorto in un suo problema geometrico per rispondergli. Decide che deve valere
la pena approfondire una materia così appassionante e lo fa da autodidatta
studiando con accanimento anche testi scritti in latino e greco. La situazione
diventa preoccupante per i genitori che le proibiscono di continuare, ma Sophie
studia di nascosto nel freddo della notte finché i genitori si rassegnano e
assumono un istitutore. Da questo momento sarà soprattutto il padre a diventare
un alleato di Sophie e ad accompagnarla dove una fanciulla di buona famiglia non
sarebbe mai potuta andare da sola. Anche la mamma si dà pace: fortunatamente ha
altre due figliole da seguire e far maritare. Nei suoi studi Sophie ha fatto
molti progressi, ma capisce che ha bisogno di validi maestri come Legendre e
Lagrange che insegnano all’Ecole Polytechnique dove le donne non sono ammesse.
Ci tiene così tanto che, con la complicità del padre, riesce a procurarsi le
dispense di uno studente poco assiduo dell’Ecole, un certo Antoine-August Le
Blanc sotto il cui nome invia i commenti alle esercitazioni di Lagrange.
Lagrange li apprezza e vuole conoscere il perspicace studente che, a questo
punto e con grande stupore e ammirazione di Lagrange, si rivela essere una
ragazza di 22 anni.
In realtà questo furto d’identità non crea problemi a Sophie, lo studente Le
Blanc si è ritirato o forse è morto e
lei può continuare a usare il suo nome nelle lettere che tra il 1804 e il
1809 scrive al grande matematico tedesco C. F. Gauss per commentare le sue
Disquisitiones Arithmeticae. Con Gauss il segreto dura circa tre anni perché
Sophie, preoccupata per la vita del suo maestro epistolare dopo la conquista
della Prussia da parte di Napoleone, prega un generale amico di famiglia di
proteggere lo scienziato. Anche lui
così viene a conoscere il vero nome della sua salvatrice, ma questo lo conferma
solo nel suo entusiasmo per il suo
“genio straordinario”.
Purtroppo l’interessante carteggio con Gauss - di cui l’autrice del libro è
un’esperta avendo scritto la sua tesi di laurea su di esso - si interrompe e
sarà la sola Sophie a scrivergli ancora molti anni dopo per comunicargli che
intende affrontare il più famoso rompicapo dei matematici: la dimostrazione del
teorema, o meglio della congettura, di Fermat. Non ci riuscirà, ma ci andrà
abbastanza vicino, meglio dei tanti matematici che ci si sono arrovellati fino
al 1994, anno in cui Andrew Wiles è riuscito a dimostrarlo.
Del resto Sophie non teme le sfide:
tra il 1811 e il 1813 è l’unica partecipante al concorso proposto dall’Institut
de France per trovare un modello
matematico applicabile alle
superfici vibranti di Chladni. Un impegno che richiede infiniti e inediti
esperimenti, ma che dopo tre tentativi la farà diventare la prima donna a
ottenere un premio dall’Accademia delle scienze. Un vero riconoscimento che si
affianca alla laurea honoris causa che Gauss le farà attribuire
dall’Università di Gottinga nel 1831. Purtroppo Sophie morirà poco prima di
riceverla.
Questa a grandi linee la vita di Sophie Germain che non solo ha saputo
attraversare uno di più tumultuosi periodi della storia francese – dal Terrore
alle alterne vicende napoleoniche e alla Restaurazione – senza mai perdere il
suo tenace entusiasmo per la matematica, ma è riuscita,
nonostante l’isolamento causato dall’essere donna e quindi non poter
frequentare scuole o accademie, a raggiungere risultati di livello pari o spesso
molto superiore a quelli dei colleghi uomini.
Non ho volutamente citato altri importanti risultati di Sophie Germain nel campo
della matematica pura e applicata rimandando i lettori a quanto scrive l’autrice
perché mi piacerebbe che questo libro attirasse l’attenzione di lettori e
lettrici di vario tipo, dagli amanti della storia a chi si interessa di
matematica, dagli studiosi del femminismo a chi desidera conoscere il lato
avventuroso del progresso scientifico. Sono sicura che non resteranno delusi/e.