E’ necessario spingere il pedale dell’economia circolare
di Bartolomeo Buscema
Da una tonnellata di terra possiamo estrarre 3 grammi d'oro; da una tonnellata
di cellulari, concentrati in
aree di smaltimento, 300 grammi
d'oro. Meglio le miniere urbane che quelle naturali, verrebbe da dire. Ciò per
introdurre il tema dell’economia circolare: un modello di produzione e consumo
che implica il riutilizzo, la riparazione, il riciclo dei materiali e prodotti
in commercio; con lo scopo di prolungare la vita utile dei prodotti diminuendo
di conseguenza la mole di rifiuti che come sappiamo sono una delle grandi sfide
dell’umanità negli anni a venire. E’ chiaro che i princìpi dell’economia
circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato
invece sul tipico schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”. Un modello
di sviluppo che favorisce le grandi
multinazionali che hanno in mano la stragrande maggioranza degli apparati
produttivi e che devono
immettere sul mercato tanta merce
che qualcuno dovrà comprare magari sulla spinta di martellanti annunci
pubblicitari. Un modello di sviluppo che ormai non è più percorribile perché
cominciano a scarseggiare le risorse di materie prime, specialmente quelle che
sono alla base di della transizione ecologica e digitale così cruciale per la
sopravvivenza del nostro pianeta.
Già da qualche anno, la Commissione europea, sensibile ai dettati dell’ecologia,
ha individuato trenta materiali critici da cui dipende il nostro futuro:
principalmente il litio, il tungsteno, la bauxite, il nickel, il cobalto e le
terre rare. La stessa Commissione ci informa che la domanda di tali materiali
raddoppierà entro il 2030 a causa di una crescente richiesta di monitor, celle
fotovoltaiche, telefoni cellulari, impianti eolici, auto elettriche, reti
cablate. Addirittura per quanto concerne le batterie al litio, impiegate
estensivamente nelle auto elettriche e nell’accumulo elettrico di impianti che
sfruttano le fonti rinnovabili, le previsioni parlano di
una crescita 35 volte nei
prossimi otto anni. Tutte materie
prime in larga parte controllate
dalla Cina, e che di conseguenza
determineranno una
pesante dipendenza, per noi
europei, come quella
dei combustibili fossili che proprio in questi
ultimi anni sta logorando l’intera economia del vecchio continente. Ecco,
dunque, la necessità di spingere sul pedale dell'economia circolare, consapevoli
che, su scala globale, per produrre beni e servizi sono consumati ogni anno
oltre 100 miliardi di tonnellate di materie prime (erano ventisette miliardi nel
1970); più della metà di questa enorme massa di materiali è impiegata per creare
prodotti di breve durata, i cosiddetti usa e getta.
Per fortuna, l'Italia occupa una buona posizione in Europa sul fronte
dell'economia circolare, ma occorre comunque accelerare il disaccoppiamento
della crescita economica dal consumo di materie prime vergini ricorrendo anche a
una progettazione che tenga conto del fine vita dei componenti. Una recente
stima della commissione europea ci dice che circa l'80% dell'impatto ambientale
di un generico prodotto è legato
alla sua fase di progettazione più
o meno rispettosa dell’ambiente. Infine, non bisogna dimenticare che il
riutilizzo e il riciclaggio dei prodotti rallenta il depauperamento
delle risorse naturali, riduce la
distruzione del paesaggio, mantiene la biodiversità, limita le
emissioni totali di gas a
effetto serra.