210 anni di passione
di Magali Prunai
È il 28 gennaio 1813. Londra è uggiosa come sempre, le sue vie sono popolate da
giovanissimi strilloni venditori di giornali, qualche bambino che chiede
l’elemosina. Il via vai di carrozze e gente a passeggio sembra non conoscere
tregua. Fra questi c’è una donna, minuta, accompagnata da un’altra persona,
sicuramente più graziosa ma che attira di meno l’attenzione. Possiamo
immaginarle mentre entrano in una libreria e con mani quasi tremanti afferrano
un libro. È la prima edizione di Orgoglio e Pregiudizio, un romanzo destinato a
fare la storia del romanzo mondiale, e le due donne che hanno sfidato il tempo
per vederlo in bella mostra in libreria altri non sono che la sua autrice, Jane
Austen, e sua sorella Cassandra.
Nata a Steventon nel 1775 da un pastore anglicano, crebbe in un ambiente vivace
e culturalmente stimolante, studiò francese e italiano e fin da piccola mostrò
un certo interesse per la lettura. Proprio la sua passione per i libri la portò
a scrivere le opere che oggi conosciamo come Juvenila: racconti, poesie e bozze
di romanzi dai toni un po’ ironici e un po’ gotici, secondo il gusto dell’epoca.
Una palestra per quelli che saranno, poi, i suoi capolavori letterari. Il più
famoso degli Juvenila, Amore e amicizia, è una parodia in forma epistolare del
romanticismo. Tre sorelle, Laura, Isabel e Marianne, raccontano per
corrispondenza le loro emozioni con toni forti ed estremi. Una tematica che
verrà approfondita più avanti con Marianne Dashwood in Ragione e Sentimento.
Ma l’opera più celebre, quella che l’ha resa nota in tutto il mondo e per la
quale si continua a celebrarla, con libri ispirati ai suoi protagonisti e
trasposizioni cinematografiche di vario genere, è sicuramente Orgoglio e
Pregiudizio.
Il romanzo, in modo ironico e leggero, affronta, anzi denuncia, senza troppi
fronzoli, una tematica importante per Jane Austen: la condizione della donna,
soprattutto se non ricca, nella società del suo tempo.
Le cinque sorelle Bennet, tutte, o quasi, in età da marito, si muovono in
un’Inghilterra fatta di classi sociali e voglia di autodeterminazione. Spicca
fra tutti, forse più della stessa eroina Elizabeth, la figura della madre che
cerca in tutti i modi di trovare dei buoni mariti alle figlie. Un personaggio,
quello della signora Bennet, mal giudicato dalla critica letteraria di ben due
secoli. Eppure proviamo un attimo a immedesimarci in questa figura, forse
ingiustamente bistrattata. Una donna, una madre ancora giovane, senza figli
maschi, con una prole femminile numerosa, non sposata e che non sembra avere
l’intenzione di trovarsi un marito in un’epoca, siamo ai primi dell’ottocento,
in cui la legge vietava alle donne di ereditare denari e possedimenti alla morte
del padre. Essere una donna non era semplice, essere una donna senza un cospicuo
patrimonio era sicuramente complicato e ti riduceva a inseguire giovani scapoli
come il gatto col topo, in barba a qualsiasi sentimento e aspirazione della
figlia che si cercava di sistemare.
In Orgoglio e Pregiudizio fortunatamente finisce tutto bene. Jane sposa “il caro
Bingley”, mentre Elizabeth mette da parte il suo “snobismo” e, superando i suoi
pregiudizi, sposa l’orgoglioso Darcy
A duecento anni di distanza ciò che colpisce ancora non sono tanto le trame, da
prendere ormai come una testimonianza diretta di un’epoca lontana, ma lo stile
narrativo di Jane Austen. La sua tecnica non stanca mai, coinvolge il lettore al
punto di farlo immedesimare in uno dei suoi personaggi e da sentire propri i
suoi stessi pemsieri. Uno stile talmente innovativo che è stato per questo
definito austeniano. Frizzante, ironico, tagliente, dove il discorso diretto dei
protagonisti viene mediato dall’intervento del narratore. Uno stile che
costruisce e caratterizza ogni personaggio, costruendolo come se si trattasse di
una persona realmente esistente, con delle caratteristiche proprie che ne
contraddistinguono il linguaggio. Ne è un chiaro esempio l’ammiraglio Croft, in
Persuasione, che si esprime con un vocabolario militaresco e navale. Uno stile,
insomma, che ha fatto scuola e dal quale tanti autori successivi, se non proprio
tutti, in modo più o meno consapevole, hanno attinto e preso spunto.
Jane Austen è morta a Winchester nel 1817. Non aveva ancora compiuto 42 anni.