Un   ambiente da salvare

In pericolo il Vallone delle Cime Bianche in val d’Ayas

La regione Valle d’Aosta

vuol costruirvi una funivia

 

Il ghiacciaio del monte Rosa visto da Champoluc

di Magali Prunai

Una salita, un’altra ancora, il fiatone, la sensazione di non farcela e di crollare a metà percorso e poi la meraviglia, il traguardo, la destinazione raggiunta. Un dislivello di più di 1200 metri, un’area incontaminata, ricca di polle (piccole cavità dalle quali sgorga acqua), torrenti, laghi, zone umide. Tre cime, la Gran Sometta, il Bec Carré e la Pointe Sud, la roccia calcarea la cui fascia chiara ben visibile altro non è che i resti delle isole coralline di un mare tropicale sconvolto dallo scontro della zolla europea con quella africana. Una zona elogiata dalla Società Botanica Italiana proprio per la peculiarità e unicità della biodiversità presente.

Stiamo parlando del Vallone delle Cime Bianche, di Cortot o Cortaud, in val D’Ayas, una valle della Valle d’Aosta, difficile da raggiungere se non si è un escursionista appassionato perché completamente priva di piste da sci, strade e stradine. Ma non per molto, visto che la Regione vuole, o voleva, costruirvi una funivia, rendendo questo luogo incontaminato vittima del turismo di massa.

La funivia dovrebbe collegare la valle all’anello sciistico di Cervinia senza, comunque, costruire nel Vallone una pista da sci ma connettendo le due valli, facilitando gli spostamenti, il turismo e rischiando, anche, un danno irreparabile all’ecosistema.

Un campione di giadeite rinvenuto nel nord del Myanmar

 

Una proposta che violerebbe la normativa europea che tutela il Vallone, la ZPS (Zona di Protezione Speciale) “Ambienti Glaciali del Gruppo del Monte Rosa”, e quella regionale che vi vieta impianti a fune e piste da sci.

Visti i primi segni di un probabile studio di fattibilità, la popolazione della Valle, ma non solo, è subito insorta con una petizione e un’associazione, “Ripartire dalle Cime Bianche”, che si è occupata di opporsi al progetto e di proporre delle alternative sempre mirate a un miglioramento della valle, ma con un’attenzione in più all’eco-sostenibilità dello sviluppo turistico.

La conformazione stessa del Vallone rende inospitale non solo le piste da sci ma anche eventuali impianti a fune, come dimostrano i 7 anni di ricerca per ora andati a vuoto.

Ma anche riuscendo nell’intento della costruzione di una funivia, il rischio di alterazione di un ecosistema delicato e vulnerabile rimane elevato.

Può la tutela dell’ambiente compromettere lo sviluppo e la crescita, anche economica, di una qualsiasi zona del mondo? Detto così la risposta sembra scontata e ovvia, ovvero che non abbiamo un pianeta di riserva e che qualche settore dovrà anche un po’ soffrire per tutelarlo. In realtà si possono trovare sempre dei compromessi, per garantire all’ambiente la sua salvaguardia e far crescere la valle. L’unicità del Vallone, si legge sul sito di “Ripartire dalle Cime Bianche”, potrebbe proprio aiutare alla creazione di un turismo sostenibile e attento.

Un nuovo turismo, che non è attirato solo ed esclusivamente dallo sci, ma anche dalla bellezza del luogo e dalla testimonianza storica che esso rappresenta.

La pietra ollare, le rocce a granato e la giadeite, la crosta di origine magmatica, antichi sedimenti e basalti della crosta oceanica, elementi che ci testimoniano come sono nate le Alpi e che da nessun’altra parte sono concentrati così tanti tutti insieme.

Il Vallone è un museo a cielo aperto, un museo dell’archeologia geologica, ma anche una testimonianza dell’attività geologica recente, sia geodinamica che glaciologica.

“Ripartire dalle Cime Bianche” vuol dire, quindi, offrire all’escursionista delle visite guidate del percorso geologico e la creazione di un Centro Visita dell’Oceano Perduto. Delle soluzioni che potrebbero portare il Vallone a candidarsi e a ottenere il “Global Geopark” dell’UNESCO, l’equivalente del titolo di “Patrimonio dell’Umanità” in campo geologico.

Un cartello che indica i sentieri della Valle d'Ayas

“C’è un ultimo vallone selvaggio ai piedi del Monte Rosa, esiste da sempre e tra poco non esisterà più”, lo ha affermato Paolo Cognetti, autore di una serie fortunata di romanzi ambientati in Valle, dal più celebre, “Le otto montagne”, è stato tratto un film vincitore del premio della critica a Cannes 2022. Lo scrittore ha voluto prendere una posizione netta riguardo al progetto, mettendo a disposizione della causa la propria notorietà per diffonderla anche fuori dalla regione. Solo così potrà nascere un dibattito condiviso e potremo essere certi che verrà presa veramente la soluzione migliore non per noi ma per il Vallone.

Il Galileo