Le storie di Alazor di Emi De Ponti e Rinaldo De Benedetti, L’Orto della Cultura
Edizioni (www.ortodellacultura.it), 2022, pp. 144, euro 24
Recensione di Adriana Giannini
Chissà
se esistono ancora nonni o genitori che accompagnano i
bambini a letto promettendo di leggergli una storia? Temo che purtroppo
siano una rarità anche se chi non lo fa si perde una bella occasione per
consolidare un rapporto affettivo in maniera piacevole e rilassata creando dei
bei ricordi che dureranno tutta la vita.. Questo vale soprattutto se
le storie da leggere non contendono nulla di pauroso o di inverosimile
ma, come quelle di Alazor, aiutano a vedere il mondo con saggezza e umorismo.
Chi era Alazor è presto detto: si tratta dell’anagramma di Lazzaro, il primo
nome di Rinaldo De Benedetti che, quando pubblicò per la prima volta queste
storie nel 1942, da perseguitato ebreo non poteva permettersi di comparire come
autore con il suo vero nome. A firmare – e forse in qualche modo a ispirare
– il libro di racconti pubblicato dall’editore Corticelli fu la moglie,
Emi De Ponti. Presto esaurito, il libro non fu più ristampato per ottant’anni
ma, come in una favola, eccolo
ricomparire con le belle illustrazioni dell’epoca realizzate dal pittore Arturo
Bonfanti grazie all’impegno dell’instancabile figlia Anna che, in questo modo,
rende omaggio a entrambi i suoi genitori.
Non ha ancora quarant’anni Rinaldo De Benedetti (foto a destra) quando scrive
queste storie eppure gli piace immedesimarsi
in Alazor, un vecchio di 99 anni che ha passato la vita a studiare il linguaggio
di tutti gli elementi naturali piante e animali compresi. Nonostante il peso
degli anni, il vecchio sapiente decide che è finalmente arrivato il momento di
conoscere di persona il mondo e mettere alla prova le sue conoscenze. Così
facendo esce dal suo isolamento e in molti casi riesce ad essere di aiuto a
coloro che incontra nei suoi vagabondaggi.
Non voglio togliervi il gusto di scoprire tutte le dieci storie di Alazor, ma ho
trovato particolarmente divertente e a suo modo istruttiva la storia della
principessa Tiratinlà. Innanzitutto
nessuno potrebbe dubitare che è stata scritta da un uomo perché il principe che
dà inizio alla storia sposa via via sette donne bellissime, ma con difetti così
esasperanti da doverle allontanare: una è troppo sciocchina, un’altra troppo
ambiziosa, una troppo gelosa, una troppo amante della pulizia, un’altra sempre
malaticcia, una troppo saputa, una sempre circondata da animali. Il principe
decide quindi che le donne troppo belle non fanno per lui e fa cercare la
fanciulla più brutta del reame. I messi gli portano proprio la povera Tiratinlà,
una specie di Cenerentola abbruttita dai maltrattamenti e perciò respinta da
tutti. Vedendola, il principe non se la sente di sposarla e rimanda il
matrimonio, ma in fondo è una brava persona e la fa ben nutrire e alloggiare. Un
anno dopo - e senza l’intervento di nessuna fata - la rivede bella e serena come
non era mai stata e la sposa non senza essersi però assicurato che non avesse i
fastidiosi difetti delle mogli precedenti. Sono riuscita a incuriosirvi?
N.d.R Per saperne di più su Rinaldo De Benedetti suggeriamo di clicare su
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