Il percorso che conduce  

 

alle “emissioni

 

nette zero”

 

La distribuzione di CO2 nei due emisferi

 

 

di Bartolomeo Buscema

Subito dopo la sua  rielezione, il presidente cinese   Xi Jinping (foto a sinistra) ha voluto  ribadire l’impegno per il suo Paese  di arrivare alle  emissioni zero nette entro il 2060, dieci anni dopo la data fissata dal Parlamento europeo che si propone di raggiungere   la neutralità climatica entro il 2050. Entrambe le decisioni scaturiscono da un quadro mondiale sconfortante: tra il 2008 e il 2018 le emissioni di anidride carbonica, il principale  gas  cui si deve il  riscaldamento climatico, sono aumentate del 12 per cento, con un contributo della  sola Cina del 70 per cento. Ma come arrivare alle emissioni zero nette? Cominciamo ricordando che il riscaldamento globale non è solo addebitabile all’anidride carbonica. Infatti, concorrono all’aumento della temperatura della nostra Terra altri gas chiamati “gas serra” tra cui i principali sono il vapore acqueo, il biossido d’azoto e il metano. Gli scienziati del clima preferiscono parlare di tonnellate di “CO2 equivalente” per tenere conto del fatto che non tutti i gas serra contribuiscono allo stesso modo al riscaldamento globale. Ad esempio, il contributo del metano è 25 volte quello dell’anidride carbonica a parità di massa.

Chiariamo, ora, il significato della locuzione “emissioni zero nette”: una sorta di somma algebrica tra le tonnellate di anidride carbonica immesse in atmosfera e una uguale quantità rimossa con mezzi naturali e tecnologici. Quindi “emissioni zero nette” non significa che smetteremo di aggiungere gas serra nell’atmosfera. Purtroppo per molti decenni continueremo a immettere anidride carbonica in atmosfera. Chiarito che si tratta di una sorta di bilancio, vediamo come raggiungere tale obiettivo. Johan Rockström, direttore dell’Istituto di ricerca sull’impatto climatico di Potsdam (PIK), ha proposto una sorta di   itinerario temporale  per arrivare al traguardo  emissioni nette pari a zero entro il 2050.Il criterio è il dimezzamento delle emissioni totali di gas serra ogni dieci anni: più precisamente  emettere solo 25 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente nel 2030; 12,5 nel 2040 e infine  circa 6  miliardi nel 2050.

Variazioni nel tempo dei gas serra antropogenici nell'atmosfera

Un compito arduo ma realistico   che è possibile portare a termine ricorrendo alle tre tecnologie di rimozione dell’anidride carbonica oggi sperimentate in diverse parti del globo. La prima, ancora purtroppo costosa, consiste nella cattura dell’anidride carbonica sul luogo di produzione e nell’immagazzinamento nelle vicinanze in genere giacimenti vuoti di combustibili fossili. La seconda tecnologia prevede l’utilizzo dell’anidride carbonica sequestrata per ottenere bevande frizzanti, composti da utilizzare nel comparto agricolo, produrre carburanti sostenibili. La terza tecnologia consiste nel catturare l’anidride carbonica   aspirando aria dall’atmosfera per poi farla passare in appositi filtri capaci di trattenerla. Tre tecnologie che, secondo Philippe Thalmann e Sascha Nick del Politecnico federale di Losanna, possano compensare, nei futuri decenni, una quota corrispondente al 5-10% delle emissioni attuali.

Visualizzazione grafica del riscaldamento globale e della sua distribuzione geografica dai dati rilevati (dati NASA 2006)

 

E’, quindi, chiaro che bisogna chiedere aiuto a madre natura e cioè piantare una grande quantità alberi salvaguardando quelli esistenti come rileva il recente rapporto delle Nazioni Unite sullo stato delle foreste che denuncia i casi eclatanti del Parco Nazionale di Yosemite e della foresta pluviale tropicale di Sumatra, che, negli ultimi anni, hanno emesso più anidride carbonica di quella che hanno assorbito. Un segnale allarmante legato all’abbattimento indiscriminato degli alberi, agli incendi, al disboscamento dei terreni per   scopi agricoli. Ma quanti alberi bisogna piantare? Secondo il biologo Stefano Mancuso bisognerebbe, a livello planetario, mettere a dimora mille miliardi di alberi entro il 2030, se si vuole seriamente combattere l’emergenza climatica. Sembra un’enormità, ma non è così. È stato calcolato che se solo utilizzassimo le terre abbandonate dall’agricoltura dagli anni Novanta ad oggi, potremmo mettere a dimora, in Italia, fino a sei miliardi di alberi. È ora di frenare la corsa alle emissioni climalteranti cominciando a ridurre l’uso dei combustibili fossili, promuovendo su larga scala le fonti rinnovabili. Il tempo stringe, la situazione mondiale sta peggiorando. Non è un caso che venti Paesi in via di sviluppo maggiormente esposti alla crisi climatica stanno valutando di non pagare i 685 miliardi di debito collettivo per reinvestirli in progetti di adattamento climatico.

Il Galileo