Il mediterraneo è invaso dai pesci esotici
di Bartolomeo Buscema
Il mare nostrum, così tanto pieno di storia, sta diventando più acido, a causa
dell’aumento della gran quantità di anidride carbonica rilasciata in atmosfera
da un modello di sviluppo che privilegia ancora le fonti fossili di energia. A
tale problema se ne affianca un altro di difficile prevedibilità futura, ossia
meno ossigeno disciolto in acqua e meno plancton.
Un quadro preoccupante che ha un impatto pericolosamente rilevante sui delicati
ecosistemi marini. Per quanto concerne l’acidificazione del mare, questa si
verifica quando l'acqua marina reagisce con l’anidride carbonica assorbita
dall'atmosfera producendo composti chimici acidificanti che possono ridurre il
carbonato di calcio fondamentale per la sopravvivenza degli organismi marini tra
cui il granchio di Dungeness (Metacarcinus magister), specie di vitale
importanza per la pesca commerciale, il cui guscio si scioglie causando un danno
agli organi sensoriali.
Poi c’è il ben noto deplorevole fenomeno
dello sbiancamento dei coralli che può portare alla morte le
barriere coralline e i loro delicati ecosistemi. In particolare, tale fenomeno
consiste nella rottura della simbiosi tra i polipi e le zooxantelle (quelle che
danno il colore al corallo), le quali vengono espulse dai tessuti dell’animale.
Invece, per la carenza di ossigeno e di plancton, i problemi sono legati
soprattutto alla catena alimentare della fauna ittica il cui primo anello è lo
zooplancton che si nutre di fitoplancton. Quest’ultimo è costituito da alghe
microscopiche e da cianobatteri fotosintetici che svolgono una funzione
importantissima: forniscono nutrimento alle specie acquatiche, sintetizzano
ossigeno e riducono i livelli di anidride carbonica presente negli oceani. Forse
molti non sanno che l’ossigeno che producono è tanto quanto quello prodotto
dalle foreste. Un quadro critico a cui si aggiunge un fenomeno relativamente
nuovo: almeno duecento specie di pesci non autoctone stanno invadendo il
Mediterraneo rendendolo il mare più invaso al mondo.
Tutta colpa del cambiamento climatico come evidenzia una recente ricerca
pubblicata dalla rivista ‘Global Change Biology’ e coordinata dall’Istituto per
le risorse biologiche e biotecnologie marine del Cnr di Ancona.
Lo studio che ricostruisce la storia delle invasioni
di pesci esotici nel mare nostrum negli ultimi 130 anni, evidenzia che circa
duecento nuove specie ittiche hanno invaso il nostro mare con una sensibile
accelerazione a partire dagli anni novanta. Non vi è dubbio che tale fenomeno
stia cambiando forse per sempre la storia del nostro mare.
Sono due le porte di ingresso: il canale di Suez (inaugurato nel 1869) e lo
stretto di Gibilterra, ma ci sono anche altri importanti
vettori come il trasporto navale ed il rilascio da acquari gestiti non
correttamente. È un’invasione ittica che ha
risvolti ambientali e socio-economici rilevanti perché tale irruzione provoca il
deterioramento degli habitat naturali, riduce la biodiversità locale perché le
specie esotiche entrano in competizione con le specie autoctone che sono più
vulnerabili. La nostra preoccupazione è che l’identità faunistica del nostro
mare sta scomparendo. Una perdita grave che dovrebbe ancor più ammonirci e
indirizzarci a fare tutti gli sforzi possibili per salvaguardare il nostro
pianeta. L’unico che abbiamo di grandezza insignificante se paragonato allo
sconfinato Universo scuro e freddo.