Non un crine di cavallo ma tre ciocche dell’imperial chioma
i capelli conservati all’Archivio di stato
di
Milano
La conferma dall’analisi del DNA
dei capelli esposti alla mostra sugli archivi milanesi nell’età
napoleonica
di Giuseppe Prunai
Dopo 205 anni, da un fascicolo segreto della polizia austriaca, che operava nel
Lombardo-Veneto, spuntano tre ciocche di capelli di Napoleone Bonaparte. Una di
queste è stata esposta alla mostra
Nelle sommosse e nelle guerre. Gli archivi milanesi durante l’età napoleonica,
allestita presso l’Archivio di stato di Milano e curata da Maria Pia Bortolotti,
Marco Lanzini e Carmela Santoro.
I capelli furono sequestrati a tale Giovanni Natale Santini, che, il 16 maggio
1817, fu fermato dalla polizia
austriaca, alla frontiera di Chiasso, mentre dalla Svizzera tentava di entrare
in Italia senza il regolare visto sul passaporto.
Santini, corriere, cameriere e barbiere di Napoleone, aveva accompagnato
l’imperatore a Sant’Elena. Su invito dello stesso Napoleone, vista la scarsità
di cibo e la vita grama che si conduceva sull’isola, insieme con altri
dipendenti dell’imperatore, aveva lasciato Sant’Elena ed aveva girovagato un po’
per l’Europa per tentare poi di entrare in Italia. Il suo compito sembra fosse
quello di denunciare le pessime condizioni di vita di Napoleone nell’esilio e,
secondo la polizia austriaca, di portare notizie ai familiari dell’imperatore
che vivevano in Italia e svolgere – si sospettò – non meglio identificati
incarichi riservati.
In questa stampa, relativa al periodo milanese, i capelli di Napoleone sono
chiari
Specifica una descrizione della mostra: “Nell’interrogatorio milanese del 19
maggio 1817, Santini descrive la vita di Napoleone a Sant’Elena, evidenziando i
buoni rapporti con il governatore inglese, l’ammiraglio Cockburn e quelli
pessimi col nuovo governatore, il generale Hudson Lowe, definito persona mal
educata. Nel suo racconto leggiamo la descrizione dell’abitazione dell’ex
imperatore — Longwood House —, formata da cinque piccole stanze estremamente
umide. Santini denuncia carenze nella fornitura di abiti, mobili e di cibo che
Napoleone fu costretto a procurarsi vendendo l’argenteria. Secondo il racconto
di Santini, Napoleone pranzava tutti i giorni con i generali al suo seguito; non
poteva leggere i giornali, dormiva poco e soffriva di dolori reumatici.
Trascorreva la giornata scrivendo la storia della sua vita, a volte giocava a
biliardo ed usciva pochissimo, a piedi o a cavallo o in carrozza, senza essere
scortato. Si rifiutava di ricevere i commissari d’Austria, Russia e Francia
presenti a Sant’Elena e il governatore Lowe, che osavano rivolgersi a lui
qualificandolo come generale Bonaparte e non imperatore”.
Gli interrogatori e i documenti che Santini aveva con sé convinsero i funzionari
della polizia austriaca dell’innocuità dell’uomo al quale sequestrarono solo
alcune carte e le tre ciocche di capelli che Santini asseriva appartenere a
Napoleone. Nel timore che di quei capelli fosse fatto un uso improprio, la
polizia li sequestrò e li allegò al fascicolo, oggi conservato all’Archivio di
stato di Milano. Santini, poi, scelse di stabilirsi a Brno.
A questo punto ai ricercatori dell’archivio di stato e ai curatori della mostra
si è posto un interrogativo: quei capelli sono veramente quelli di Napoleone?
Allora il direttore dell’Archivio di stato di Milano, Benedetto Luigi
Compagnoni, e la sua vice, Carmela
Santoro, hanno chiesto aiuto ad un’antropologa forense del Dipartimento di
biologia dell’Università di Firenze, Elena Pilli, che, nel corso di un convegno
a Milano ha illustrato i risultati della sua ricerca. Il convegno si intitolava,
con un pizzico di ironia: “Non un crine di cavallo ma tre ciocche dell’imperial
chioma”.
L’analisi dei reperti si è svolta con la ricerca del DNA mitocondriale. Elena
Pilli ha ricostruito più alberi genealogici partendo dalla sorella di Napoleone,
Carolina, che sposò Murat. Dal matrimonio nacquero due figlie, Letizia e Luisa.
Da Letizia, lo staff della Pilli è riuscita a ricostruire la discendenza in
linea femminile fino ad oggi, individuando cinque signore romane (tre sorelle
una con due figlie) che hanno donato il loro campione salivare dal quale è stato
estratto il DNA che è risultato perfettamente sovrapponibile con due delle tre
ciocche di capelli: la prova che le due ciocche di capelli appartenevano a
Napoleone Bonaparte.
Quello che sorprende è il colore delle tre ciocche. Trattandosi dei capelli di
un corso, di un individuo tipicamente mediterraneo, ci si aspetterebbero neri,
invece sono di un castano chiaro che tira sul rosso. Nelle stampe da incisioni
in rame o xilografie, i capelli risultano corvini, ma ne abbiamo scovata una
(che qui riproduciamo), con il ritratto di Napoleone, al tempo della campagna
d’Italia, con i capelli chiari.
I capelli furono prelevati da
Santini cinque anni prima della morte di Napoleone e quindi non utili ai fini di
un’indagine tossicologica, in corso
in altra sede e su altri tipi di reperti per accertare se la presenza di
arsenico nei capelli dell’imperatore sia dovuta realmente ad un avvelenamento o
ad una sorta di inquinamento ambientale.
Adesso, si pone il problema della conservazione dei capelli finora chiusi in un
fascicolo cartaceo. E’ probabile che, come in analoghi casi, si opti per la
conservazione sotto vuoto, a temperatura costante. Ma questa è un’altra storia.