Qualche riflessione sulla Pace prima di
Pasqua
di Magali Prunai
“Il Mare Nostrum, il Mediterraneo, è il grande lago di Tiberiade nel quale si
affacciano le civiltà che appartengono alla triplice famiglia di Abramo. Tutte
le Nazioni, da Oriente a Occidente, vengono a bagnarsi in questo grande lago di
Tiberiade che è, per definizione, il lago di tutta la Terra”.
Questa,
in sintesi, è la riflessione che fece Giorgio La Pira (foto a sinistra),
concluso da poco il suo mandato da sindaco di Firenze, in una lettera
indirizzata a Papa Pio XII poco dopo la Pasqua del 1958: il Mar Mediterraneo
come un luogo di pace, che unisce e non divide. Come, appunto, un grande lago di
Tiberiade.
Tiberiade è una città che sorge sulle rive dell’omonimo lago, fondata nel 20
a.C. da Erode Antipa nel sito del villaggio di Rakkat e intitolata
all’imperatore romano Tiberio.
Sorgendo in prossimità di un cimitero, la città era considerata impura dagli
ebrei che non volevano trasferirvisi. Erode obbligò le popolazioni rurali della
Galilea ad andare a viverci e, in seguito, vi fu trasferito anche il Sinedrio.
Dopo la cacciata degli ebrei da Gerusalemme Tiberiade divenne il maggior centro
di cultura ebraica e si narra che la Mishnah, uno dei testi fondamentali
dell’ebraismo, vi sia stata quanto meno iniziata.
Il lago di Tiberiade, chiamato anche lago di Genesaret o mar di Galilea, ha un
ruolo simbolico importante anche nella cultura cristiana. Pietro, Andrea,
Giacomo e Giovanni pescavano nelle sue acque quando incontrarono per la prima
volta Gesù e lasciarono tutto per seguirlo come suoi discepoli.
Poco dopo la sua morte Gesù apparirà ai suoi discepoli proprio sulle rive del
lago di Tiberiade. Dopo una notte di pesca infruttuosa un uomo consigliò loro di
lanciare le reti sul lato destro della barca. I pesci erano talmente tanti quasi
da saltare in braccio ai pescatori che, così, capirono che lo sconosciuto altri
non era che Gesù apparso in loro soccorso. E dopo quella pesca straordinaria,
ormai sulla spiaggia, dopo aver interrogato Pietro per ben tre volte, con
l’espressione “pasci le mie pecore”, Gesù gli affidò la Chiesa.
Non è, dunque, un caso che La Pira abbia scelto come metafora di Pace e unione
delle popoli proprio il lago di Tiberiade. E sempre non è un caso che la
riflessione del presidente della CEI, il cardinal Bassetti, dopo un incontro
svoltosi a Firenze nel febbraio scorso fra sindaci e vescovi delle città del
Mediterraneo, per chiedere la Pace, sia partita proprio dall’ex sindaco
cattolico della città.
E’ ormai giunta l’ora della pace, che non sia fatta di sole parole ma di
concetti concreti. Di azioni vere e reali. Il Mediterraneo, cimitero d’Europa, è
un silenzioso testimone di tante e tante morti inutili. Inutili come sono le
diatribe fra nazioni, inutili come sono le guerre.
Ed è proprio per questo che chi vive affacciato su questo mare deve allearsi in
un’intesa di Pace. “Abbattere i muri e costruire ponti” diceva sempre La Pira,
riferendosi all’umana indifferenza che andava, e va, sgretolata e sostituita con
ponti di fratellanza. Solo così si può costruire un vero dialogo tra le genti di
tutte le nazioni, in modo che chi ieri era nemico domani sia fratello.
Battersi per la Pace non vuol dire armarsi, non può più essere ridotto solo ed
esclusivamente a una guerra. Una Pace fondata sul sangue dei propri fratelli è
fragile, sottile e può dissolversi come neve al sole in un solo momento.
La Pace, perché sia forte e duratura, deve essere voluta da tutti. Dal saggio e
dallo stolto, dal ricco e dal povero, dal colto e dall’ignorante. Ed è per
questo che lavorare perché l’educazione e l’istruzione, di ogni ordine e grado,
anche quella universitaria, diano a tutti gli strumenti giusti per abbattere le
differenze che ci separano, per conoscere e comprendere le diverse
caratteristiche di tutti coloro che popolano insieme a noi il nostro mare.
Perché solo così possiamo aspirare a qualcosa di ancora più forte e potente
della Pace stessa: l’unità dei popoli.