Ecco la risposta dell’esperto, il dott.
Vincenzo Levizzani dirigente di Ricerca dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera
e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche
di Giuseppe Prunai
Non piove, soprattutto sull’Italia del nord dove i fiumi sono in
secca, dove il maggior corso d’acqua italiano, il Po, sta restituendo
carcasse di veicoli della seconda guerra mondiale, addirittura un “panzer”,
un carrarmato tedesco.
Pioverà, non pioverà si chiedono ogni giorno gli agricoltori della Pianura
Padana che vedono i loro raccolti finire nel nulla e sfumare i loro guadagni.
Non piove in questa parte di mondo, ma poi arrivano notizie di inondazioni da
altre zone della terra. Cosa accade? Perché non c’è un’equa distribuzione delle
acque?
Fin dalle scuole elementari ci hanno insegnato
che l’acqua di superficie evapora per effetto del calore solare, forma le
nubi che, in determinate condizioni, restituiscono l’acqua sotto forma di
pioggia o di neve. Ma si ha l’impressione che questo ciclo si sia alterato.
Perché?
Abbiamo
girato la domanda ad un esperto, al dott. Vincenzo Levizzani (foto a sinistra)
dirigente di Ricerca dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del
Consiglio Nazionale delle Ricerche, a Bologna. Si occupa di struttura dei
sistemi precipitanti, di temporali
intensi, di satelliti meteorologici e di clima e precipitazione. È stato
responsabile di molti progetti nazionali ed europei sulla precipitazione. Ha
partecipato a missioni satellitari dell'Agenzia Spaziale Europea, di EUMETSAT e
della NASA. È Fellow della Royal Meteorological Society e membro di associazioni
internazionali. Ha insegnato fisica delle nubi all'Università di Bologna per
oltre venti anni e ha scritto oltre 400 contributi scientifici tra articoli,
partecipazioni a congressi e libri. È stato inoltre membro di comitati
scientifici della World Meteorological Organization e di diverse agenzie
satellitari.
Allora, dott.
Levizzani, perché si è alterato questo ciclo, perché non piove più?
No, la pioggia scende ancora, non è cambiato molto. Quello che lei ha
sommariamente descritto si chiama ciclo dell’acqua: evaporazione dalle terre
emerse, dai laghi, dai fiumi, dagli oceani che va a creare una grande massa di
vapore acqueo in atmosfera, che condensa per formare le nubi, poi generare la
pioggia o la neve che cade sulla terra e poi si ricomincia. Il processo
chimico-fisico non è cambiato, Ciò che è cambiato è la distribuzione delle
precipitazioni sulla superficie del pianeta. Per cui siamo in presenza sempre di
più di piogge intense e localizzate a beneficio di alcune aree del pianeta, in
cui assisteremo in maniera crescente a fenomeni di tipo alluvionale, come è
accaduto di recente nella Germania occidentale, in Olanda e dintorni, mentre
dall’altro canto assisteremo a siccità abbastanza diffuse. Questo è frutto di un
cambiamento climatico in atto il quale provoca proprio questa diversa
distribuzione di precipitazioni. Ma l’acqua totale che cade sul pianeta non è
cambiata in quantità. E’ sempre quella. E’ diversa solo la sua distribuzione.
D. Allora si potrebbe ipotizzare in futuro un sistema di ridistribuzione delle
acque mediante dei maxi acquedotti, per spostare l’acqua da una zona all’altra
della terra.
Questo è molto complicato perché stiamo parlando di quantità enormi. Ad
esempio, grandi siccità ci sono nel
Corno d’Africa, cioè Egitto, Etiopia, Somalia, Tanzania fino al Kenia. Si tratta
di zone vastissime dove piove poco
o non piove affatto per alcuni anni. Accade che l’agricoltura – un’agricoltura
basata esclusivamente sulla precipitazione, senza sistemi efficienti di
irrigazione -
non produce ciò che dovrebbe e si arriva alle carestie e alla morte per
fame. Non so come si potrebbe fare a portare l’acqua in quelle zone. Forse con
la dissalazione dell’acqua del mare, ma al momento è costosa e non
efficientissima.
D. Qualcuno, in passato, pensava di risolvere il problema mediante
l’inseminazione delle nubi. Mi sembra che questa ipotesi sia stata abbandonata.
Perché?
L’inseminazione delle nubi o modifica del tempo si basa sul fatto che esiste una
nube che precipita poco. Sorvoliamo la nube con
un aereo e la inseminiamo con nuclei di condensazione (es.
ioduro d’argento o sali di tipo marino).
Questi nuclei fanno condensare il vapore, si formano grandi quantità di
cristalli di ghiaccio che precipitano,
fondono e producono più pioggia. In
questo modo, quindi, ho aumentato il
potere di precipitazione di una nube.
Alcune nazioni, ancora investono parecchio in questa pratica – una è la Cina, le
altre sono gli Emirati Arabi del Golfo, tutti paesi che hanno grossi problemi di
precipitazioni, di siccità.
La scienza ha messo a punto tecniche che sono scientificamente plausibili e in
linea di principio funzionanti. Il problema è la verifica dei risultati
dell’inseminazione. In altre parole non si sa qual è il quantitativo d’acqua che
se ne può ricavare per singola inseminazione di una nube. Non è ancora
dimostrato se queste tecniche funzionino in termini quantitativi. Se voglio
ripetere un esperimento fatto da un collega in un’altra parte del mondo spesso
ottengo risultati nulli o comunque molto diversi. A volte piove di più e
a volte no. In sostanza, ci sono delle
grosse perplessità di natura statistica e il problema non è risolto rimanendo un
ancora molto accademico in essenza.
Le foto sono fornite dall'Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR