OCEANI DI PLASTICA,

INCREDIBILE MA VERO:

Un minestrone di polimeri

 

 

di Pia Bassi

 

         Tutti noi andiamo al mare, o quasi tutti, e negli ultimi decenni avremo notato che sulla battigia non spiaggiano solo conchiglie, ossi di seppia, meduse, alghe o pezzi di legno che gli artisti trasformano in sculture, ad essi si sono aggiunti bottiglie di plastica, di vetro, bastoncini di cotton fioc, pezzi di mobilio, perché tutto ciò che si butta a mare, il mare ce lo restituisce. Anche i mozziconi di sigarette.

         Nelle acque marine finiscono ogni anno 322 tonnellate di plastica, 1144 tir, fatti ben documentati da documentari e ricerche di biologi marini, e la denuncia del misfatto è stato presentato all’Università Milano-Bicocca il 29 marzo scorso, aula magna stracolma. Il velista Giovanni Soldini, che vive sempre in mare, commenta il documentario che lascia basiti: isole di plastica enormi quanto l’isola d’Elba, da circumnavigare perché è pericoloso cercare di attraversarle, sono lo scempio della gestione criminale dei rifiuti. Soldini dice che ha perso tre timoni con l’impatto di oggetti enormi che galleggiano a fior d’acqua o sommersi. Delle tonnellate di plastica prodotta, solo il 9 per cento viene riciclata, altra sepolta in colline di rifiuti e vedendo queste isole galleggianti si può dedurre dove sia andata a finire, a mare. Una questione bollente perché l’unico modo per eliminarla è bruciarla, pulire i mari e bruciarla con tutte le precauzioni per evitare le emissioni di diossine. Le tecnologie ci sono (abbattimento con bicarbonato, tecnica Solvay in uso da anni nei termovalorizzatori). Sfuggano alla raccolta le microplastiche 8,6 miliardi di chilogrammi, che si depositano ovunque anche sui fondali profondi chilometri, entrando così nel ciclo vitale di molluschi e pesci che successivamente entrano nella catena alimentare umana. 

         Il navigatore Giuseppe Notarbartolo ha sottolineato che il problema principale sono i sacchetti di plastica che vengono ingeriti dai cetacei, da mammiferi marini, tartarughe, pesci, uccelli e tutti gli esseri che vivono nel loro legittimo elemento, muoiono soffocati e avvelenati. Capodogli, balene, foche spesso si rinvengono spiaggiati e morenti. Guardando nel loro stomaco, la plastica è la colpevole, proviamo noi umani a ingurgitare una ventina di sacchetti e vediamo cosa succede.

         In settant’anni di produzione delle plastiche come imballaggi, abbiamo creato una bomba distruttiva per l’ambiente: non c’è luogo marino o terrestre che sia contaminato da plastica di ogni tipo. Nel deserto la plastica prende il vento e i sacchetti si attorcigliano sui cespugli di cui si nutrono animali selvatici e non, capre e cammelli. Una trentina di anni fa vidi questi disastri nel deserto del Sinai, in Egitto, in Algeria, in Tunisia. Il Borneo, un paradiso naturale, ha i villaggi su palafitte eretti sulle distese di fango e plastica che l’alta marea asporta e poi rideposita. Parlai con gli abitanti che mi assicurarono che loro fanno del meglio per non buttare i rifiuti a mare: “la plastica viene da lontano” mi dicevano. Infatti, sono soprattutto i mari e gli oceani lungo l’Asia e l’Indonesia i più inquinati e ammorbati dalla plastica: immense isole galleggianti che bloccano anche la luce solare. Cinquecento anni affinché la plastica scompaia sminuzzandosi, ma il problema va risolto subito.

Il navigatore Francesco Malingri ha registrato una concentrazione enorme di plastiche fra la Corsica e la Toscana, un mare molto abitato di cetacei e pesci. Le Tremiti, altrettanto, tant’è che il Sindaco ha vietato l’uso di plastica sulle isole, soprattutto piatti, bicchieri, posate, bottiglie, sacchetti, tutto ciò che può finire in mare per maleducazione o involontariamente. Bisogna cambiare rotta subito. Consideriamo i milioni di pezzi di plastica monouso sparsi per il mondo e che lo danneggiano visto che non si è in grado di gestirla come rifiuto. Gli imballaggi, per il bene dell’ambiente, vanno ristudiati.

         E’ stato fatto l’inventario delle isole galleggianti, dei contenuti. Inimmaginabile la composizione di quanti e quali oggetti siamo in grado di produrre in serie. Per di più la plastica non è solo in superficie, giace sui fondali e si incastra fra le rocce: frammenti e microplastiche frammentate, nanoplastiche, sono stati rinvenuti nel sangue e nel cervello. “Inoltre le nanoplastiche sono tossiche – sottolinea Federico Di Penta - ed abbiamo un dovere morale verso la natura”. “L’esperienza del vivere quotidiano  in barca – dice Giovanni Soldini – ti mette di fronte alla realtà che stai navigando in oceani di plastica”.

         Alessandra Savini, geologa e docente in geologia marina, Università Milano-Bicocca, ha illustrato i danni della plastica nei fondali marini: il Deep Sea, ovvero il mare profondo è inesplorato per il 50% del 70% e solo lo 0,09% dei fondali è stato esplorato. Scendendo con i robot in profondità si incontrano tonnellate di plastica e spazzatura varia buttate a mare ed i mari sono ricchi di esseri viventi ancora sconosciuti, microorganismi non ancora studiati. L’impatto con la spazzatura ed i relativi ftalati polietilenici è dannosa, questi veleni sono stati trovati nel grasso di foche e balene e nel latte, nutrimento della prole.

         Ci sono rilievi sottomarini con alla base colline di spazzatura. In Artico la situazione è altrettanto grave con 5,25 trilioni di pezzi di plastica. Anche la deglaciazione pone seri problemi: l’apertura del passaggio a Nord Ovest alle navi e le aree prive di ghiacci rese ora disponibili per l’estrazione del petrolio, hanno aumentato l’inquinamento e le liti per lo sfruttamento delle aree. Studi in questo senso sono stati fatti e poi proposti al convegno da Ilaria Tani, avvocato e docente in diritto internazionale del mare, Università Milano-Bicocca “Esplorazioni e rivendicazioni in Artico tra terra e mare. In tema scottante quello sui diritti di sfruttamento delle nuove aree emerse di cui ha parlato anche il professore di diritto della Università di California, Irvine, Joseph F.C. Dimento: The Environmental Governance of the Artic. Maurizio Demarte, capitano di fregata e capo reparto di geofisica marina e oceanografia, Istituto Idrografico della Marina ha presentato le nuove opportunità di ricerca scientifica aperte dal programma “High North”.

Segnalo inoltre un libro interessante, opera di Piero Martin e Alessandro Viola: TRASH, tutto quello che dovreste sapere sui rifiuti, Codice edizioni, eu 25, dall’illustrazione della copertina molto eloquente, un sacchetto di plastica che galleggia e che in lontananza sembra un iceberg “Plastic Iceberg” opera di Jorge Gamboa (Mexico). La nostra civiltà produce rifiuti da 200mila anni, è ora di capire che sono un problema, il loro riutilizzo è anche un’opportunità per non inquinare il pianeta.

 Il Galileo